14 novembre 2017

Operazione simBIOsi. Pinton (AssoBio): “Senza nomi danni alle aziende per bene”

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Dopo l'articolo sull'Operazione SimBiosi, della quale hanno parlato molti organi di stampa nei giorni scorsi, Roberto Pinton, segretario di AssoBio, ha lasciato un commento in calce al nostro articolo che riportava la notizia diffusa dalla Guardia di Finanza. Lo segnaliamo anche qui, vista la delicatezza dell'operazione.

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Siamo alle solite.
Tra tante virtù, gli organi di vigilanza hanno spesso la fregola di dimostrare di essere il miglior fico del bigoncio, sottovalutando l’impatto che i loro impettiti comunicati hanno sul pubblico e sulle imprese per bene.

Per capirci: nell’agosto scorso, i Carabinieri della Compagnia di San Lorenzo (Palermo) han dato notizia di un’operazione condotta insieme ai Forestali del Centro Anticrimine sempre di Palermo attraverso un comunicato che annunciava il sequestro in un negozio di 2.500 kg di legumi biologici che sarebbero stati privi di tracciabilità (vedi qui); la notizia causava sconcerto e preoccupazioni.
Tutte le aziende avviavano verifiche straordinarie, i clienti italiani ed esteri sospendevano le ordinazioni e pretendevano dai fornitori dichiarazioni sull’onore in cui si attestasse il mancato coinvolgimento nel caso.

RobertoPinton_Assobio

Roberto Pinton

Qualche giorno dopo, un nuovo comunicato dei Carabinieri rettificava: non di 2.500 kg si trattava, ma di … 2,5 kg (vedi qui).
Dalla stampa si apprendeva trattarsi di fagioli bianchi, borlotti, lenticchie e ceci: in sostanza, cinque sacchettini da 500 grammi di quattro legumi diversi, con tutta probabilità insacchettati dal negoziante (cui veniva contestata una sanzione amministrativa da 3.500 EUR), che avevano procurato allarme in tutta Europa.

Senza nulla togliere al prezioso e apprezzato lavoro degli organi di vigilanza, sembra necessario raccomandare una comunicazione più sobria e diversa, per non causare danni del tutto sproporzionati non ai presunti responsabili di violazioni, ma a tutti gli operatori rispettosi della legge e per evitare di ledere la pubblica e la privata tranquillità.

Il nostro ordinamento prevede che il pubblico ministero indaghi tramite la polizia giudiziaria; se ritiene di avere in mano elementi idonei a sostenere l’accusa chiede il rinvio a giudizio.
Compete al Giudice delle indagini preliminari (Gip) disporre l’archiviazione del fascicolo o il rinvio a giudizio di chi, fino ad allora, è un semplice indagato e che solo dopo il rinvio a giudizio diventa imputato.
Un altro magistrato ancora, il giudice dell’udienza preliminare (Gup), decide se a carico del neo imputato sussistono elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio, disponendo l’inizio del giudizio oppure l’archiviazione.
È nel successivo processo che verrà emessa la sentenza di condanna o di proscioglimento (sempre salvo appello e poi ricorso in cassazione).

Questo excursus non ha assolutamente il fine di suggerire che gli indagati siano scevri di responsabilità (non compete certamente a me), quanto di riportare i piedi per terra: in questa fase, le aziende cui fa riferimento la nota della Guardia di Finanza sono indagate, il che significa che, secondo il pubblico ministero (inquirente), a loro carico sussistono elementi di reato: si tratta di un parere, che dovrà esser confermato prima dal GIP, poi dal GUP e poi ancora dal Giudice del dibattimento.
Il ragionamento è in via generale e senza riferimento particolare al fatto specifico.

E se, fino a sentenza, gli indagati non sono colpevoli, immaginiamoci i non indagati, che hanno la sola colpa di operare nello stesso settore di attività.

In questi giorni tutte le aziende biologiche italiane che esportano e tutte le aziende biologiche siciliane, in aggiunta ai diversi documenti giustificativi di routine, si vedono richiedere dai clienti affidavit in cui dichiarare solennemente di non aver acquistato né rivenduto prodotti delle aziende indagate.

Peccato che, come già notato negli altri post, i nomi delle aziende indagate non siano stati resi noti e che, quindi, né agli esportatori italiani né alle piattaforme siciliane sia possibile rispondere alle ultimative richieste dei partner commerciali.
Un importante operatore francese ha sospeso gli acquisti dall’Italia e si sta rifornendo di agrumi dalla Spagna: non sono di qualità paragonabile a quelli siciliani, ma su di loro la Brigada finaciera della Guardia Civil non ha gettato ombre di sorta.

Da una settimana il comunicato della Guardia di Finanza che non indica i nomi degli indagati sta causando danni ingenti a tutte le aziende per bene di Modica, Scicli, Ragusa, Ispica, Pozzallo, Vittoria, Acate e Siracusa (gli 8 comuni indicati come sede di 9 indagati, un indagato per comune, ma sufficiente a destabilizzare il mercato a migliaia di lavoratori che si sudano il pane), a tutte le aziende per bene siciliane e a tutte le aziende italiane di distribuzione ed esportazione per bene.

È quindi necessario che, come ha chiesto con forza FederBio, gli organi di vigilanza forniscano senza indugio ulteriori elementi: non sta né in cielo né in terra che un organo dello Stato, con una gestione della comunicazione abborracciata e da dilettanti allo sbaraglio devasti la fiducia del consumatore e dei partner commerciali di 11.451 aziende biologiche siciliane e di 72.154 aziende biologiche italiane.

Questo, almeno, finchè la Guardia di Finanza ha al suo vertice il ministro dell’Economia e delle Finanze della Repubblica italiana e non quello delle Comunidad spagnole di Valencia, Murcia e Andalusia.

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