05 dicembre 2014

Il biologico tradito. L’inchiesta di Der Spiegel

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BiologicoTraditoInternazionaleDerSpiegelLa Germania è il principale mercato europeo di prodotti biologici per fatturato. Una crescita impetuosa che dal 2000 al 2013 ha fatto crescere questo settore del 262%, passando dai 2 miliardi di euro di inizio nuovo millennio ai 7,6 dell’anno scorso. Eppure il quadro non sembra essere così roseo e felice come dicono i numeri. Quanto meno questo è quanto emerge da un’inchiesta del settimanale tedesco Der Spiegel che campeggia anche in copertina dell’ultimo numero de l’Internazionale di dicembre, dal titolo “Il biologico tradito”.

Si guarda solo al prodotto finale e non più all’obiettivo per cui il biologico è nato, cioè un processo di produzione che abbia effetti positivi sulle persone, sugli animali e sull’ambiente” afferma l’europarlamentare verde Martin Häusling, agricoltore e allevatore biologico con la sua azienda familiare. La lunga inchiesta prende in esame molti aspetti che riguardano sia la specifica situazione presente in Germania che lo scenario europeo dal punto di vista politico e normativo.

Il paradosso di fondo che emerge è che nonostante la domanda di prodotti biologici cresca a grandi ritmi nel mercato tedesco, “ogni anno in Germania circa seicento aziende agricole bio chiudono o si convertono all’agricoltura convenzionale”. Molti i motivi di questa situazione dove il Bio è, di fatto, in guerra con se stesso: a partire dalla lotta dei prezzi dei terreni agricoli e, soprattutto, dalla scarsità degli stessi per essere disponibili da convertire all’agricoltura biologica. Sono, infatti, presi d’assalto da chi coltiva colture per la produzione di biogas, molto conveniente per merito degli incentivi statali.

Der Bio BetrugLa crisi degli agricoltori biologici, quanto meno dei pionieri, secondo la ricostruzione di Der Spiegel sembra nascere proprio da uno slogan e da una politica di incentivazione al consumo lanciata in Germania nel 2001: “Biologico per tutti”, coniato dall’allora ministro dell’agricoltura Renate Künast. “Il settore ha imboccato rapidamente la strada che conduce alla trappola della convenzionalizzazione. Questo perché il mercato esige un certo volume di produzione e questo si può ottenere solo rinunciando agli ideali del bio, nato come modello alternativo a un’industria agroalimentare che considera la terra e gli animali solo mezzi di produzione facilmente sfruttabili”.

Molti i casi presi in esame che spaziano un po’ in tutti i campi del comparto agroalimentare, che mettono sotto accusa anche il sistema dei controlli sia in Germania che nel resto d'Europa. Nel settore ortofrutticolo viene citato il caso dell’azienda spagnola leader del settore, la Bio Sol e il distretto di Almerìa, “la più estesa al mondo per la coltivazione di ortaggi al coperto”. L’azienda, che spedisce frutta e ortaggi nel Regno Unito, in Svizzera e in Germania, è stata citata in giudizio dall’avvocato Laura Góngora, che lavora per il sindacato dei braccianti, per le pessime condizioni retributive dei lavoratori e i molti casi di licenziamenti immotivati. Nonostante la contestazione delle accuse da parte dell’azienda, dopo le pressioni di una catena svizzera di supermercati, la Bio Sol ha dovuto scendere a patti con il sindacato reintegrando i lavoratori licenziati. “Ad Almerìa l’etichetta dell’agricoltura ecologica copre abusi ai danni del paesaggio e violazioni dei diritti dei lavoratori – si legge nell’articolo -. Resta solo il fatto che non si usano pesticidi che possono finire negli alimenti. Ma è sufficiente?”.

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