15 febbraio 2021

“Ortofrutta bio strategica, ma attenzione agli autogol”

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Giuseppe Romano, responsabile dei rapporti istituzionali di Aiab

Ricerca mirata per le produzioni bio, incremento della Sau (Superficie agricola utilizzata) biologica e revisione del decreto ministeriale 309 del 13 gennaio 2011 inerente le contaminazioni accidentali. Sono alcuni dei temi che l'Associazione italiana per l'agricoltura biologica (Aiab) pone all'attenzione del neo ministro alle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.
“Abbiamo grandi aspettative e auspichiamo un costruttivo dialogo con il nuovo incaricato – esordisce Giuseppe Romano, responsabile dei rapporti istituzionali di Aiab – Ci aspettiamo che il nuovo ministro, in coerenza con lo scenario politico europeo, faccia una scelta di posizione, indicando quale sia il modello di agricoltura da promuovere”.

Prima di entrare nel vivo dei temi che, secondo Aiab, meritano particolare attenzione da parte di Patuanelli, Romano fa notare: “Abbiamo riscontrato che il ministero delle Politiche agricole, a differenza di altri settori ritenuti strategici, non sarà guidato da un tecnico, ma da un politico. Nessun pregiudizio, ci auguriamo solo che all'agricoltura venga riconosciuto il ruolo di protagonista che merita e speriamo nella grande collaborazione con il ministero della Transizione ecologica, la quale non può prescindere dall'agricoltura biologica”.

La ricerca è urgente

Tra i primi temi che, secondo Romano, dovranno essere oggetto di attenzione del nuovo ministro, senz'altro la ricerca e l'innovazione: “Un piano sementiero e varietale per l'agricoltura biologica è una priorità – spiega – Per migliorare l'efficienza del metodo biologico, non si devono utilizzare le varietà studiate per il metodo convenzionale”.

E ricerca anche sui mezzi tecnici di supporto, fertilizzanti e trattamenti: “E’ vero che in agricoltura biologica gran parte del lavoro viene fatto con le tecniche colturali – prosegue – ma per dare maggiori certezze agli agricoltori, occorre dar loro anche strumenti nuovi e al passo con i tempi”.

Altro obiettivo non rimandabile è l'incremento della superficie coltivata con metodo biologico: “Occorre partire dalla riduzione dell'Iva sui prodotti bio – prosegue – perché questi producono esternalità positive. In questo modo, i consumatori potranno acquistare prodotti biologici a prezzi inferiori rispetto a oggi, senza però che si riducano le marginalità per i produttori. Si innescherebbe così un circolo virtuoso, che poterebbe all'aumento della Sau bio”.

A tal proposito, va ricordato che la Sau italiana coltivata con metodo biologico è pari al 16% della Sau complessiva il che, a livello europeo, rappresenta un primato. Ma, fa notare Romano, si deve stare attenti a non essere schiacciati dalle produzioni degli altri stati membri: per l'Italia la partita si gioca sul campo della qualità e, anche, della normativa.

Romano: “Attenzione agli autogol”

A tal proposito, Giuseppe Romano richiama all'attenzione il quadro normativo italiano ed europeo, partendo dal disegno di legge sulla produzione biologica (in approvazione alle Camere) che prevede l'introduzione di un marchio biologico italiano: “Dobbiamo stare attenti a non farci dumping da soli – commenta – A nostro avviso è importante che, in parallelo all'approvazione del marchio, venga rivisto il decreto ministeriale 309, più restrittivo rispetto al regolamento europeo 848/2018. Altrimenti, il rischio è che in Italia circolino con più facilità produzioni biologiche provenienti dagli altri stati membri”.

In altre parole, sintetizzando il pensiero di Aiab, l'Italia dovrebbe puntare su una produzione biologica conforme all'attuale decreto ministeriale 309 senza alcuna contaminazione accidentale e tecnicamente inevitabile identificata dal marchio biologico italiano (previsto dal disegno di legge). La seconda, coerente con il regolamento europeo 848, e dunque competitiva con i prodotti biologici provenienti dal resto d'Europa: L’ortofrutta biologica – conclude Romano – è oggetto di grande attenzione dei consumatori, lo si è visto durante il primo lockdown, quando ha registrato un incremento delle vendite del 4,3 per cento. Ma dobbiamo stare attenti a tutelare le produzioni bio italiane, senza rischiare autogol”.

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