Economia e costi

03 ottobre 2024

Agralimentare, ecco i maggiori rischi per le imprese

165

Vulnerabilità della supply chain, possibile interruzione del business e danno reputazionale sono i fantasmi che popolano gli incubi delle aziende che operano nel settore agroalimentare.

A dirlo è la ricerca Global food, beverage and agriculture risk report condotta dal gruppo angloamericano Wtw (Willis tower watson) specializzato nella consulenza per la gestione rischi e per la crescita e il benessere delle persone.

Il campione

Lo studio di Wtw è stato condotto in 16 Paesi, Italia compresa. Nello specifico, sono state interpellate 16 aziende italiane, tutte medie e grandi imprese con un minimo di 150 lavoratori: il 18% fattura meno di 800 milioni all’anno, il 39% fino a un miliardo.

Lo scenario

Il settore agroalimentare ritiene (perlomeno il 53% del campione intervistato da Wtw) che la migliore opportunità di crescita provenga dagli investimenti su produzioni sostenibili e attente all’alimentazione sana. Ma, emerge dallo studio, questi temi possono anche rivelarsi dei veri e propri boomerang.

D’altro canto la normativa cogente del settore è molto rigida e le attese dei consumatori sono alte: una minima violazione può irrimediabilmente danneggiare l’immagine e la reputazione delle aziende che operano nel segmento food. 

Tanto che il 16% delle imprese, secondo quanto emerge dallo studio di Wtw, ha già predisposto un piano contro il rischio di un danno ai propri brand mentre tutto il campione si dice dotato di strumenti e risorse per il monitoraggio continuo del proprio posizionamento sul mercato.

I temi caldi

Il mantenimento della buona reputazione del brand è comunque il tema percepito come il più difficile da gestire dal 38% del campione. La preoccupazione è legata ai costi sanitari e finanziari derivanti per esempio da un’errata etichettatura degli ingredienti, ma anche alle problematiche legate alla salute e alla sicurezza dei consumatori.

Altro tema caldo è il timore di una interruzione dell’attività: il 50% degli intervistati ha posto la business interruption tra i primi cinque maggiori rischi per le aziende, in aumento del 10% rispetto al 2022.

Il 40% teme invece la vulnerabilità della supply chain, la quale è esposta a troppi fattori di rischio: preoccupano i conflitti, i cambiamenti climatici, il trasporto marittimo.

Anche il possibile cambiamento della domanda da parte del consumatore dovuto a nuovi trend, alla possibile trasformazione degli stili di vita, alla sempre maggiore sensibilità verso una alimentazione salutare non lascia serene le aziende del settore (36% degli intervistati).

Tra sostenibilità e influenze culturali c'è massima attenzione al contenuto nutrizionale dei prodotti agroalimentari.

Infine non fanno dormire sonni tranquilli i rischi legati al cambiamento climatico, dato che la catena agroalimentare è fortemente impattata dagli eventi meteorologici estremi, un primis inondazioni e siccità.

La risposta alle sfide

Nonostante i timori, il 29% del campione ha dichiarato di avere sottoscritto un'assicurazione che include i danni alle proprietà solo in caso di condizioni meteorologiche estreme. Tali polizze, quindi, non prevedono alcuna copertura per l’interruzione dell’attività causata da altri eventi.

Inoltre, più della metà (56%) ha dichiarato di non avere un’assicurazione specifica per il ritiro dal commercio dei prodotti: il che significa che più della metà delle aziende intervistate è priva di un eventuale supporto per la gestione della crisi e la riabilitazione del marchio.

Potrebbe interessarti anche