È un quadro eterogeneo quello che emerge dal comparto castanicolo italiano oggi. La raccolta ormai è avviata nei differenti areali, ma con risultati diversi da nord a sud.
“Con le attività in corso, il quadro generale può variare velocemente. A settembre c’erano delle previsioni più ottimistiche mentre adesso, a conti fatti, la situazione si sta rivelando piuttosto eterogenea”, esordisce Anna Rufolo, area economica, settore ortofrutta, di Cia Nazionale.
“I produttori di Campania e Lazio - spiega a myfruit.it - riferiscono di una situazione a macchia di leopardo”. C’è infatti chi si sta trovando davanti a una produzione azzerata, chi ha del prodotto, anche se in quantità più scarsa della media, e chi invece è soddisfatto perché sta avendo una buona resa non solo sotto il profilo qualitativo, ma anche quantitativo.
“Le diverse realtà convivono e sono tutte veritiere”, sottolinea Rufolo.
Le piante hanno infatti patito la siccità ma, in alcuni casi, le piogge di settembre ne hanno favorito la ripresa cosicché la campagna attuale sta registrando un decorso positivo. In altri invece, il ritorno di freddo le ha bloccate.
In Piemonte
La campagna più complicata è quella relativa al Piemonte, dove la produzione è ridotta e, per alcune zone, è scesa ai minimi storici. “Una situazione difficile che ricorda quella che si era verificata già con le nocciole”, evidenzia Rufolo.
A soffrire di più è la provincia di Cuneo. I problemi hanno avuto origine già dall’andamento climatico della primavera quando piogge e grandinate hanno compromesso l’allegagione. A questo si sono aggiunti attacchi fungini e mal d’inchiostro.
La raccolta è stata avviata con un paio di settimane di ritardo rispetto alla media. Qui i primi bilanci, da prendere ancora con grande cautela, non sono incoraggianti. Neppure nelle aree castanicole limitrofe, riferiscono sempre da Cia, le prospettive si possono dire ottimistiche, seppur forse meno drastiche.
Qualche speranza arriva dai castagneti posti ad altitudini maggiori, dove la fioritura è avvenuta più tardi. Ancora però è tutto da vedere: “Per il momento siamo tutti in attesa di capire come si concluderà la raccolta”, commenta Rufolo.
Dalla Cia arriva però anche un’esortazione ai produttori e, in parte, anche alle Istituzioni, in merito alla presenza di molte piante datate e alla necessità di investire sulla manutenzione per avere castagni più resistenti e con pezzature migliori.
La Carta della frutticoltura
Nel frattempo, una quindicina di giorni fa, è stata firmata in Piemonte la Carta per la frutticoltura. Il documento, sottoscritto anche da Cia, è il risultato di un confronto tra le filiere agricole della Regione con l’obiettivo di garantirne il futuro e un sempre maggiore ruolo in termini di occupazione e sviluppo economico. Tra i comparti coinvolti c’è ovviamente anche la castanicoltura.
In un quadro generale che conta in Piemonte 43.445 aziende agricole, il 12,4% in meno rispetto al 2018, il settore frutticolo rappresenta il 40% del totale. La frutta secca si colloca al primo posto per produzione e superficie investita con 32.217 ettari, di cui 4.532 dedicati al castagno (-1,7% in meno rispetto al 2023) con 2.329 aziende presenti. Il 26% della superficie è dedicata all'agricoltura biologica.
Il documento evidenzia le maggiori criticità che, per quanto riguarda il castagno da frutto, fanno riferimento all’aumento del marciume, causato dal fungo Gnomoniopsis castaneae, favorito dalle alte temperature nel periodo di raccolta, e i danni da bacato, prevalentemente da Cydia splendana.
A queste si aggiungono questioni più generali come i cambiamenti climatici, l’aumento dei costi di produzione, la scarsità di risorse idriche, la mancanza di manodopera.
Poi un elenco lungo 14 punti che riguarda le proposte condivise tra cui l’esigenza di mettere a punto soluzioni innovative e nuove tecniche di gestione e difesa, il supporto alla meccanizzazione, la robotizzazione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, programmi di miglioramento genetico, la creazione di un fondo di pronto intervento sulle emergenze fitosanitarie, disciplinari di produzione più elastici, nuovi sistemi per agevolare il reperimento della manodopera e lo sviluppo di sistemi per l’accumulo delle acque superficiali.
Per Cia si tratta di “provvedimenti urgenti che vanno messi a punto e condivisi con tutti i soggetti della filiera frutticola, insieme ai decisori politici”.