Si sta scoperchiando un vaso di Pandora dopo la storia della titolare (subito rimossa dal Gruppo) di un punto di vendita di Conad di Pescara che chiedeva lumi circa una toilette lasciata in disordine dalle dipendenti. Tanto che oggi la Repubblica ha pubblicato un articolo-inchiesta che porta alla luce tutto quello che non va nei rapporti tra lavoratori della grande distribuzione e insegne.
Orari scomodi, part-time imposto, festivi obbligatori e mal pagati sono i principali argomenti trattati. Sintetizzando, dall'articolo firmato da Rosaria Amato, emerge un quadro a tinte fosche, nel quale la grande distribuzione tenderebbe a chiedere sempre di più ai propri dipendenti, offrendo però sempre meno garanzie. Ma prima di entrare nel merito, i fatti di Pescara.
A Pescara maltrattamenti e angherie
La vicenda è stata denunciata dalla Filcams-Cgil che ha divulgato, a mezzo stampa, i contenuti di un vocale inviato sul gruppo whatsapp dei capireparto dalla direttrice/titolare di un Conad superstore di Pescara. L'audio, secondo quanto riportato da Ansa nei giorni scorsi, era conseguente al ritrovamento di un assorbente fuori dal cestino del bagno degli spogliatoi. Recitava così: “Voglio il nome e cognome di chi oggi ha il ciclo mestruale. Sennò calo le mutande io”.
Subito dopo la denuncia da parte delle lavoratrici, non si è fatta attendere la presa di posizione del gruppo Conad: “Non possiamo accettare un comportamento come quello che, purtroppo, abbiamo potuto accertare nel punto di vendita in questione. Di conseguenza abbiamo deciso di procedere, come previsto dal nostro regolamento, alla risoluzione del contratto di affitto d'azienda. Daremo in ogni caso continuità alle attività dello store garantendo il servizio ai clienti e il lavoro ai collaboratori”, ha affermato l'amministratore delegato della Cooperativa Conad Adriatico, Antonio Di Ferdinando.
Non è tardato il plauso dei sindacati: “Grande soddisfazione per la decisione di Conad di recedere dai rapporti commerciali con chi si è reso responsabile del grave e ignobile atto. Oggi assistiamo alla vittoria delle lavoratrici che hanno scelto di non sottomettersi ai soprusi”, hanno commentato la Filcams-Cgil di Pescara e quella Abruzzo Molise.
Contratti e diritti in discussione
Dunque il caso sembrava risolto nel migliore dei modi, ma oggi la Repubblica denuncia: “Ai quattro principali contratti collettivi di lavoro, al momento in fase di rinnovo, si affianca una galassia di contratti pirata (nel terziario se ne contano quasi 200) che magari non abbassano i minimi retributivi, che in media si aggirano tra i 1.200 e i 1.300 euro netti, ma sottraggono diritti, a cominciare da tredicesima, quattordicesima e straordinari”.
C'è poi la questione dei part-time involontari, sempre più diffusi, che non permettono ai lavoratori di avere un'altra occupazione: “Si sta affermando sempre di più il concetto che l’orario va adattato al flusso dei clienti, per cui la presenza di un maggior numero di lavoratori è richiesta in apertura e in chiusura, con pausa quindi molto lunghe nell’arco della giornata – ha spiegato al quotidiano Paolo Andreani, segretario generale aggiunto Uiltucs — L’uso esteso del part-time involontario, imposto soprattutto a giovani e donne, fa sì che tre lavoratori su dieci nel commercio siano working poor, come emerge dalla relazione della Commissione d’indagine sulla povertà in Italia”.
Il franchising non aiuta
Secondo quanto dichiarato a Repubblica da Alessio Di Labio, segretario nazionale Filcams Cgil, la giungla contrattuale sarebbe facilitata dal fatto che molte aziende stanno dismettendo la rete vendita cedendola in franchising e quindi si de-responsabilizzano nel rapporto con i lavoratori, che vengono affidati agli imprenditori locali.
“La questione non è tanto quella di vicende come quella di Pescara quanto della cosiddetta ottimizzazione che rende i lavoratori molto più stressati rispetto al passato – conclude Repubblica con le parole di Vincenzo Dell’Orefice, segretario generale Fisascat Cisl – Per risparmiare, i discount, ma anche alcune grandi catene, stanno internalizzando i servizi di pulizia e persino quelli di sorveglianza. A fine turno, insomma, ci sono cassiere a cui tocca lavare i pavimenti, a volte anche i bagni”.