L’incontro annuale Ue-Turchia, l'11 novembre scorso a Bruxelles, è servito per analizzare lo stato attuale del comparto delle nocciole a livello europeo. Inoltre, partendo dall’analisi dei dati relativi ai vari Paesi, ha permesso di ragionare insieme sul futuro.
Un momento importante perché all'appuntamento promosso dalla DG Agri hanno preso parte i rappresentanti dei diversi produttori di nocciole dell'Europa, con l’Italia in prima linea, e la Turchia, primo produttore mondiale con circa 785mila tonnellate di prodotto nel 2024. Un'occasione di confronto che la delegazione italiana non si è lasciata sfuggire per porre al centro della discussione alcuni elementi ritenuti essenziali.
La situazione del comparto nazionale è stata presentata per la prima volta con un lavoro congiunto di tutte le organizzazioni italiane. Presenti Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Confcooperative Fedagripesca. Ad illustrarla Giampaolo Rubinaccio, componente della Fnp frutta in guscio e coordinatore del comitato di prodotto frutta in guscio dell’organismo interprofessionale Ortofrutta Italiana.
In Italia cresce la superficie coltivata, ma drastici cali di produzione in alcune regioni
La produzione italiana rappresenta più del 75% di quella europea, seconda al mondo solo alla Turchia. Un patrimonio importante dunque che pone il Paese in una posizione di tutto rispetto nel panorama mondiale, ma che richiede di rispondere a sfide importanti se si vuole salvaguardare o, ancor di più, rafforzare tale ruolo.
Dal 2021 al 2024, la superficie italiana a noccioleto è passata da circa 82.600 ettari a 88.200, con una variazione nel 2024 del +0,8% rispetto all’anno precedente. In percentuale differente, sono cresciute le superfici in tutte le regioni storiche ma, tra tutte, si nota un particolare aumento in Sicilia che dal 2021 ad ora è passata dai 12.800 ettari ai 13.500 (+ 5% solo nell’ultimo anno). Sono da segnalare inoltre investimenti in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Basilicata, Calabria.
“L’attuale campagna corilicola è stata fortemente caratterizzata dalle avverse condizioni climatiche e dal diffondersi di fitopatie che non è stato possibile controllare in maniera adeguata a causa della scarsa disponibilità di molecole utilizzabili per la difesa” – spiega a myfruit.it Nicoletta Ponchione, consigliere nazionale di Confcooperative Fedagripesca.
Questo mix di fattori ha impattato negativamente sulla produzione arrivando ad una diminuzione di circa il 50% a livello nazionale rispetto al potenziale produttivo. Anche la qualità non è eccelsa a causa del cimiciato.
Il risultato complessivo della campagna 2024/2025 si dovrebbe attestare quest’anno tra le 68mila e le 72mila tonnellate, ma con risultati diversi nelle varie regioni: Pesante infatti la riduzione in Piemonte (- 60%) e in Lazio (– 30%), compensata dall’aumento in Sicilia (+80%) e Campania (+10%) e dall’introduzione di colture in altre regioni.
Chieste regole uguali per tutti
I dati impongono una riflessione. Nicoletta Ponchione, parte della delegazione italiana e co-redattrice del documento presentato, aggiunge: “La situazione della corilicultura in Italia sta subendo perdite importanti in termini di competitività. Da un lato, c’è il cambiamento climatico che porta con sé eventi atmosferici violenti, caldo eccessivo, siccità. Dall’altro assistiamo alla comparsa di nuove fitopatie. In assenza di principi attivi utili al contrasto, i corileti producono in misura inferiore rispetto allo standard”.
Anche Francia e Spagna hanno subito la stessa situazione a differenza della Turchia che, nonostante l’ampia diffusione della cimice asiatica, non ha mostrato difficoltà.
“Vogliamo un prodotto di qualità, ma dobbiamo giocare tutti con le stesse regole. A volte, arriva dall’estero un prodotto sano, ma ottenuto con sistemi diversi. Vorremmo che ci fosse attenzione su questo aspetto”, aggiunge Ponchione.
La delegazione italiana, appoggiata anche dalle altre delegazioni europee, ha proposto dunque un ulteriore confronto con la Commissione europea per affrontare le criticità illustrate durante l’incontro ed ha chiesto di intensificare, attraverso un incontro ufficiale, anche l’interscambio operativo con la Turchia.
“I confronti con l’Unione europea e gli altri Stati sono importanti per improntare nuove politiche di sviluppo. Ognuno ha una propria legislazione sulla difesa fitosanitaria. In questa sede abbiamo ribadito che vorremmo invece maggiore uniformità di conduzione. Credo sia importante che questa necessità condivisa sia emersa. La proposta ha suscitato anche l’interesse dei rappresentanti della Commissione europea”.
Ma non basta: ci sono anche aspetti che vanno analizzati all'interno del Paese. "Siamo tutti concordi sul fatto che il cambiamento climatico ci ha colpito profondamente, ma dobbiamo anche ragionare in maniera approfondita sulla difesa fitosanitaria e sulla conduzione, su come affinare il metodo di coltivazione", aggiunge Ponchione. A tutto questo si aggiungono anche gli alti costi di produzione e la necessità, in molte aree, di rinnovare gli impianti.
“E’ un cane che si morde la coda - commenta - In questo contesto, è più difficile fare investimenti. Le misure pubbliche vengono in aiuto degli agricoltori, ma il rinnovo degli impianti è un’operazione che richiede molto tempo e che si può fare gradualmente per contenere i costi. Credo però che l’Italia abbia ottime possibilità di crescere sia in qualità che in quantità. Dobbiamo difendere la qualità dei nostri prodotti e le indicazioni geografiche protette”.