Le nocciole della Georgia sono al centro in questi giorni di un vero e proprio caso politico, dalla soluzione ancora tutta in alto mare. Questo Paese, in particolare, dopo Turchia e Italia è il terzo produttore al mondo di nocciole e, dal 2014, ha stretto con l’Unione Europea il trattato Dcfta (acronimo di Deep and Comprehnsive Free Trade Agreement) per agevolare gli scambi commerciali, anche in ragione del fatto che proprio in Georgia, fin dal 2007, la Ferrero ha deciso di investire, acquistando terreni da convertire a noccioleti e investendo 6 milioni di euro per realizzare due stabilimenti in cui lavorare la materia prima.
Dal 2018, tuttavia, il Dcfta richiederà agli esportatori georgiani di equiparare i loro prodotti agli standard europei, con la certificazione di provenienza. Il grande problema è che circa il 10% delle nocciole georgiane provengono da un Paese confinante, l’Abkhazia, che fra il 1992 e 1993 si proclamò indipendente dalla Georgia e che tuttora non ha praticamente rapporti con essa, se si esclude appunto il commercio di nocciole. Dunque, stando alle nuove direttive, dovrebbe esser certificata anche la produzione proveniente dalla Abkhazia, e tutto ciò, al momento, è molto improbabile. Tanto che al settimanale britannico “The Economist”, il ministro dell’economia dell’Abkhazia ha dichiarato recentemente: “La richiesta di nocciole da parte di Mosca è scarsa. Dovremo privilegiare altri prodotti, come limoni e vino”. Dunque, a meno che non si risolva qualche cosa sul piano diplomatico, il futuro delle nocciole georgiane sarà molto complesso. Senza contare che, anche da quelle parti, ora si sta fronteggiando un’infestazione di cimici asiatiche, che sta creando problemi ai raccolti.