Ormai è chiaro: dal nord al sud Italia è un anno molto difficile per il comparto delle nocciole.
Dal Piemonte, alla Campania, passando per il Lazio i noccioleti italiani hanno dovuto far fronte prima ad una prolungata siccità e poi a piogge cadute nel periodo sbagliato.
Avversità e cambiamenti climatici che, uniti alle terribili infestazioni da cimice asiatica, hanno portato oggi ad un quadro fatto di quantitativi bassi, con rese al di sotto delle aspettative, e qualità non eccellente. Situazione che, sul mercato, si traduce in prezzi più bassi.
“Sono un po' calati rispetto all’anno passato, ma molto dipende dalla qualità del prodotto - spiega a myfruit.it Pompeo Mascagna, presidente Assofrutti. Per un prodotto sano e di buona qualità al momento il prezzo si attesta intorno ai 320 euro per 100 kg di nocciole. Per la merce di fascia più bassa si scende intorno ai 250 euro.
Una situazione che si ripete
"Da un lato, le aziende registrano l’aumento continuo dei costi di produzione, legati ai prezzi del gasolio e dell’energia, e dei tassi bancari. Dall’altro, si ritrovano con produzioni scarse e qualitativamente non ottimali. Così l’azienda agricola non riesce a coprire i costi sostenuti e va in difficoltà”, spiega.
Per molti produttori non è nemmeno la prima annata. “Nella zona di Roma – sottolinea il presidente di Assofrutti – è già il quarto anno consecutivo. I produttori perdono fiducia, cominciano a pensare di non raccogliere o di non investire più sul comparto”.
Nel Lazio quest’anno la prima ondata di raccolta è stata abbastanza buona, ma nella seconda il prodotto è risultato più scadente, sia a causa della cimice che delle piogge continue.
“Come già l’anno scorso – racconta Mascagna - si possono vedere tantissime cimici anche intorno alle abitazioni, ai casolari, nelle campagne. Un’altra stagione difficile sta mettendo in ginocchio le aziende”.
Una situazione non dissimile da quella della Campania: anche lì le aziende sono alle prese con un’importante infestazione.
Le contromisure adottate non sembrano essere efficaci. “I prodotti antiparassitari in circolazione non danno effetto sperato. Insieme alla Regione Lazio abbiamo provato anche trappole e antagonisti. In parte funzionano, ma le cimici sono talmente tante che qualsiasi prova non porta risultati incisivi”, spiega Mascagna.
L'obiettivo ora è fare in modo che i produttori non perdano fiducia e continuino a credere nel valore del prodotto.
Un dialogo con tutti gli attori della filiera
“A mio parere – continua - bisogna dialogare con i produttori, con le istituzioni e con il mondo della ricerca e dell’università per fare fronte comune, alla ricerca di soluzioni strutturali, idonee a migliorare la qualità. Bisognerebbe anche autorizzare dei trattamenti particolari contro la cimice che, tra le altre cose, favorisce anche la propagazione di qualche fungo, andando ad aggravare una situazione già complessa”.
Tra le possibilità da valutare potrebbe esserci l’anticipo della raccolta. “Ma per incentivare le aziende a sostenere l'eventuale aumento dei costi, si dovrebbe pensare ad un premio per chi fa una doppia raccolta, più precisa e più regolare”, continua Mascagna.
Un agire comune davanti ad un problema comune che non riguarda solo la singola annata. “Stiamo facendo di tutto per far capire alle aziende agricole che il passaggio fondamentale è una sana gestione dell’azienda, con un’attenzione particolare anche alla riduzione dei costi al fine di cercare di sopravvivere".
"Credo che dialogando con le istituzioni, con le università e con la base produttiva si possano trovare delle soluzioni, ma ci vuole la buona volontà da parte di tutti gli attori coinvolti. L’accorciamento della filiera agricola, ad esempio, è uno dei punti essenziali. Se ne parla da anni ma non vedo i risultati sperati”.
Per una sana concorrenza, regole uguali per tutti
I problemi dei produttori di nocciole non sono diversi da quelli delle altre colture: “Dovremmo dialogare con tutti gli attori, non solo di un settore, e fare squadra anche a livello comunitario. In Italia le aziende agricole hanno degli obblighi sui trattamenti e delle forti limitazioni su ciò che è ammesso, diversi da quegli degli altri Paesi dove alcuni prodotti possono essere usati liberamente".
"Le regole devono essere uguali per tutti altrimenti subiamo la concorrenza dei Paesi in cui questi prodotti non sono vietati”, conclude Mascagna.