04 luglio 2018

Nocciole, in Calabria è emergenza cinghiali

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Le produzioni corilicole della Calabria possono essere messe a repentaglio anche dalla fauna selvatica. A denunciare il problema è stata, in questi giorni, la sezione regionale di Confagricoltura. Nello specifico, il direttore Angelo Politi ha detto: “Occorre affrontare l’emergenza cinghiali in altro modo. Visto che le iniziative finora portate avanti dalla Regione non hanno sortito alcun effetto reale e i danni per la presenza massiccia di questi animali stanno mettendo a repentaglio anche colture d’eccellenza della nostra regione. Solo considerando una ristretta area di invasione degli ungulati – prosegue Politi – come quella delle Serre Vibonesi (dove è sviluppata anche la produzione di nocciole, n.d.r.), i danni sono stati decisamente notevoli”. Nell’arco di un quadriennio, stimano gli imprenditori di quest’area, le perdite legate al danneggiamento delle colture e delle attrezzature supera il mezzo milione di euro.

Grandi danni si registrano inoltre nei seminativi. “Qui – denuncia ancora Politi – si sono registrati danni in alcune aree di circa il 30% della produzione…Il problema dell’eccessiva presenza di capi (di cinghiali) in Calabria è legato ad una errata campagna di ripopolamento avviata negli Anni 90. Le conseguenze si sono prodotte già a metà degli Anni 2000 quando le specie introdotte si sono moltiplicate a causa dell’incrocio con i maiali locali. Questo ha portato in pochi anni ad incrementare in modo esponenziale il numero di animali presenti sul territorio, soprattutto nelle zone protette”.

Un vero e proprio allarme, questo, che ha portato a costituire nell’aprile dello scorso anno uno specifico comitato per affrontare l’emergenza: l’Associazione contenimento del cinghiale e tutela del territorio. Un gruppo che ha visto tra i principali promotori gli imprenditori del Consorzio di tutela delle Nocciole delle Serre Vibonesi. “Da febbraio – lamenta Politi – chiediamo al governatore Mario Oliverio un incontro per affrontare organicamente e definitivamente il problema. Ma, allo stato, nonostante una richiesta formale e solleciti, tra cui l’ultimo, nei giorni scorsi, non abbiamo avuto ancora risposte…Sono state affidate le campagne di selezione esclusivamente ai cacciatori che spesso hanno inteso questa attività non come sistema per ridurre seriamente il numero di capi in un’area, ma le hanno trasformate in aree faunistiche personali dove poter cacciare mantenendone praticamente intatto il numero”.

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