Politiche agricole

17 giugno 2024

Ripristino Natura, i commenti degli stakeholder

135

Passa la legge. Ora si lavora affinché non sia un provvedimento ideologico e dannoso per l'agricoltura

La Nature restoration law è la legge che impone agli stati membri di stabilire e attuare misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell'Ue entro il 2030. Oggi, durante la riunione del Consiglio a Lussemburgo è passata a sorpresa. Si tratta di un risultato per nulla scontato: Italia, Svezia, Finlandia, Ungheria e Olanda che si opponevano al passaggio della legge temendo ripercussioni economiche per il mondo agricolo.

Con il voto dell'Austria, che dopo una iniziale contrarietà ha cambiato posizione all'ultimo minuto, la legge ha ottenuto il 66% dei sì ed è passata. Il regolamento sarà ora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Ue ed entrerà in vigore tra poche settimane.

Confcooperative: "Possibili ripercussioni sull'agricoltura"

"Una proposta di legge lungamente osteggiata da molti governi nazionali chiude oggi il suo iter travagliato grazie a un solo voto decisivo, quello dell’Austria. È così che i ministri dell’Ambiente della Ue hanno dato il via libera alla norma sul ripristino della natura, con una maggioranza risicata e peraltro maturata solo a poche ore dal voto. Troviamo poi sicuramente discutibile che a questo voto decisivo si sia giunti con le istituzioni comunitarie di fatto ai titoli di coda della legislatura, senza che sia stata invece considerata l’ipotesi di rimandarne la discussione, come accaduto per altri dossier,  dopo l'insediamento delle nuova governance dell'Ue". Così il presidente di Confcooperative Fedagripesca Carlo Piccinini commenta il via libero definitivo oggi a Lussemburgo del Consiglio Ambiente Ue alla Legge sulla natura, che obbliga i vari stati membri ad attuare piani di ripristino del 30% delle aree naturali già degradate entro il 2030.

La nuova norma comunitaria, che entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, rischia infatti, secondo il presidente Piccinini, "di avere gravi ripercussioni sull'agricoltura italiana ed europea, nonostante sia lodevole nelle intenzioni. L'obbligo di ripristinare ampie porzioni di terreno entro scadenze rigide potrebbe mettere a dura prova la produttività agricola, in un momento in cui la sicurezza alimentare è già minacciata dalla guerra in Ucraina".
"Le preoccupazioni degli agricoltori, che hanno ripetutamente manifestato contro questa legge, non sono state ascoltate a sufficienza - prosegue il presidente Piccinini - Il freno di emergenza previsto per il 2033 e la possibilità di sospendere l'applicazione delle norme in caso di gravi conseguenze sulla sicurezza alimentare sembrano infatti misure insufficienti a garantire la stabilità del settore agricolo".

L'Italia, "con la sua ricca biodiversità e la sua tradizione agricola millenaria, rischia di pagare – aggiunge il presidente di Confcooperative Fedagripesca - un prezzo particolarmente alto. L'imposizione di piani di ripristino rigidi potrebbe mettere a rischio la produzione di eccellenze alimentari, con gravi conseguenze economiche e sociali per le comunità rurali".

Coldiretti: "Resta legge ideologica, ma eliminate le misure impattanti"

"La legge sul Ripristino Natura resta un provvedimento ideologico anche se grazie al lavoro della Coldiretti con gli europarlamentari sono state eliminate le misure che avrebbero tagliato la produzione agricola made in Italy, aumentando le importazioni di cibi da Paesi extra Ue coltivati con pesticidi che da noi sono vietati da decenni - rileva Coldiretti - Il tutto con effetti devastanti anche sull’assetto idrogeologico del territorio, più esposto al rischio dissesto. E’ il commento della Coldiretti in occasione del via libera del Consiglio Ue all’accordo sul nuovo regolamento, nonostante il voto negativo dell’Italia e la questione dell’Austria, il cui Governo ha nei fatti sconfessato il voto favorevole della sua ministra verde Leonore Gewessler che ha però permesso di far approvare il provvedimento. Il testo varato rappresenta un compromesso al ribasso anche se senza dubbio migliorativo rispetto alla prima proposta della Commissione, grazie soprattutto al lavoro della Coldiretti insieme agli europarlamentari italiani che ha portato a far cadere i vincoli più illogici, come ad esempio l’abbandono del 10% delle superfici agricole e disincentivi alla manutenzione del territorio. Restano però alcune criticità, tra cui il tema della gestione dei piani nazionali di ripristino, compresi alcuni obiettivi relativi ai terreni agricoli, assieme al mantenimento degli obiettivi di riumificazione delle torbiere (seppure meno rigidi rispetto alla proposta iniziale). A livello generale la legge approvata dal Consiglio mantiene un’impostazione ideologica sbagliata che mette in contrapposizione la natura e l’agricoltore, vero custode del patrimonio ambientale. Non è allontanando gli agricoltori dalla terra che si preserva la natura, sono proprio le aziende agricole a garantire quella costante manutenzione senza la quale aumenta il rischio di dissesto e desertificazione".

Copagri: "Rischi per il settore"

"Pur condividendo pienamente gli obiettivi alla base della normativa comunitaria per la tutela della biodiversità, non possiamo mancare di ricordare i possibili rischi legati all’impatto di un simile provvedimento sull’agricoltura e, in particolare, sulle superfici agricole, dalle quali la tutela della biodiversità non può assolutamente prescindere". Lo sottolinea il presidente della Copagri Tommaso Battista dopo il via libera definitivo del Consiglio dell’Ue al regolamento sul ripristino della natura, che prevede l’obbligo per gli Stati Membri di ripristinare entro il 2030 almeno il 30% delle aree degradate.

"Parliamo di un regolamento immediatamente applicabile, che interesserà tutti gli habitat terrestri, lacustri, marini e fluviali e che comporterà in via prioritaria il ripristino allo stato originario di almeno il 20% delle terre e dei mari entro il 2030, percentuale destinata a salire nei successivi decenni con l’obiettivo di contribuire a mitigare gli effetti e le conseguenze del climate change", spiega il presidente della Copagri.

"Se, da un lato, è certamente positivo l’intento di andare a invertire il preoccupante calo delle popolazioni di impollinatori, i quali come noto sono degli ‘indicatori’ naturali dell’inquinamento ambientale e dai quali dipende gran parte delle produzioni agricole, dall’altro sono più che preoccupanti i rigidi vincoli presenti nel testo comunitario, che rischiano di assestare un duro colpo alla produzione agricola italiana ed europea”, prosegue Battista, ad avviso del quale “nonostante il positivo intervento del Parlamento europeo, la sostenibilità ambientale, ancora una volta, ha prevalso su quella economica".

"Tra gli altri nodi del testo, per la cui entrata in vigore si attende ora solo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue, ci sono poi la questione del finanziamento delle misure previste per il ripristino della natura e, soprattutto, la loro armonizzazione con le normative comunitarie che trattano di stoccaggio di carbonio organico nei terreni minerali delle terre coltivate e di salute dei suoli", aggiunge il presidente.

"Ora la palla passa agli stati membri, che avranno due anni di tempo per presentare alla Commissione Ue un piano nazionale di restaurazione, nel quale declinare le azioni da mettere in campo in base alle singole realtà delle nazioni e al livello di deterioramento dei loro ecosistemi, tenendo ben presenti le numerose differenze in essere relative ai diversi assetti produttivi del tessuto economico nazionale", conclude Battista.

Fonte: Confcooperative - Coldiretti - Copagri

Potrebbe interessarti anche