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27 gennaio 2024

Una personalissima opinione sul mondo ortofrutta in Gdo

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“L’ortofrutta nella Grande distribuzione organizzata (Gdo) non sta andando bene e tutti sono alla ricerca della soluzione, chi parla di Marca del distributore (Mdd), chi di prezzo, chi di qualità, sempre con il pensiero che il cliente sia pronto a farsi abbindolare da gingle e slogan triti e ritriti. Il cliente, dal canto suo, un po’ ci sguazza in questo marasma: vogliamo comprenderlo, capirlo, giustificarlo, e lui va a fare la spesa dove è sempre andato, ci porta a ridurre tutto al prezzo (perché tanto tutte le insegne dichiarano di essere le più convenienti, ndr), ed è convinto che i supermercati abbiano ampissimi margini di guadagno”.

E allora che succede? “E allora si lavora sul prezzo anche in ortofrutta, con 3×2 sulle melanzane o sconti del 20% sui peperoni. La promozionalità in ortofrutta però non serve, e chiedere a un buyer di dare un prezzo promozionale sull’insalata due mesi prima del primo giorno di sell out è assurdo”.

Ecco lo stato dell’arte secondo Davide Tonolini che, pur essendo responsabile acquisti e vendite food, in questo caso scrive su Linkedin un suo pensiero personale, come compratore esperto e curioso del mondo ortofrutticolo.

“Che poi, diciamocelo, se solo il cliente avesse facilità ad approvvigionarsi ai mercati rionali, non verrebbe più in Gdo ad acquistare l’ortofrutta. Ma – osserva – il cliente lavora tutto il giorno, il mercato rionale è di mattina e il supermercato è aperto anche alle 20. Quindi, giocoforza, si va lì”.

Persone e relazioni

Per Tonolini produzione e distribuzione devono lavorare insieme per davvero, con campagne nazionali che incentivino acquisto e consumo di frutta e verdura. In un mondo complesso come quello dell’ortofrutta la differenza è fatta dalle persone e dalle relazioni. In acquisto e in vendita.

“In acquisto, basta buyer da scrivania – invita – Nei reparti ortofrutta, dove lo stesso prodotto è acquistabile da più produttori, la chiave è il rapporto (sano) tra produttore e compratore, è lavorare insieme sulla continuità e sulla qualità, chiedendo ciò che si vuole e garantendo un ordine minimo costante al produttore. E’ rischioso, lo so, ma è l’unico modo per portare un valore aggiunto. Lavorare con il produttore, spronarlo, incentivarlo, gratificarlo per acquistare il meglio al meglio”.

“In vendita – continua – un reparto che alle 15:00 è con i banchi mezzi vuoti, senza personale e con prodotto stanco, non invoglia all’acquisto. Ed è inutile parlare di formazione se poi lo stesso addetto che era nel reparto ortofrutta si trova il mese dopo a riempire i banchi dello scatolame”.

La proposta

Non solo cosa, Tonolini ha anche in mente come cambiare. “Per mia visione personale il supermercato deve tornare a essere un mercato coperto, che ospiti al suo interno tante professioni di imprenditori locali, e che sia una risorsa per i luoghi in cui apre: nel reparto ortofrutta del supermercato deve esserci l’ortolano, magari quello che aveva la bottega lì vicino e che mantiene la sua attività all’interno del supermercato, conoscendo già la clientela locale e consigliandola grazie alla sua esperienza decennale. E così il salumiere, il formaggiaio, il pescivendolo. Professionisti indipendenti che contribuiscono al conto economico del supermercato, condividendo utili e perdite”.

Insomma, il supermercato deve tornare a essere una risorsa per la collettività, non l’ennesima cattedrale nel deserto con i parcheggi sotterranei vuoti. Perché poi è molta più l’offerta della domanda. “Utopia?”, chiede in chiusura Davide Tonolini.

Molti gli spunti di riflessione da approfondire, dunque. L’ortofrutta è un comparto delicato, si sa. Oggi si alzano gli standard qualitativi, si abbassa il prezzo e si cerca di essere sempre di più competitivi. Si lotta per i margini, ma a danno di tutta la filiera, o quasi. Per non parlare della crisi dei consumi: c’è molta più offerta che domanda. E intanto i prodotti sfioriscono in reparto e gli addetti latitano. E voi, come la vedete?

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