I produttori di uva da tavola pugliese sono stretti tra due morse. Da un lato, la contrazione dei consumi che spinge la Gdo ad abbassare i prezzi; dall'altro lato, il costo delle materie prime e la loro mancanza, una congiuntura che non fa altro che far lievitare i costi di produzione. “Una situazione che va attentamente monitorata – riassume Giacomo Suglia, presidente di Apeo (Associazione produttori esportatori ortofrutticoli) – Per prima cosa occorrerebbe chiarire se si tratta di problemi reali, oppure di speculazione“.
Crescono i costi produttivi
“Siamo preoccupati dall'aumento dei costi dell'energia previsto dal primo ottobre – prosegue il presidente di Apeo – Le spese, per i produttori, non fanno che aumentare, ma la Gdo non alza la remunerazione, perché persevera nell'incentivare i consumi con la politica dei prezzi bassi. Ma, lato produzione, l'emergenza sanitaria ha avuto pesanti ricadute sull'aumento dei costi, per via delle mascherine, dei disinfettanti, del distanziamento, per il controllo del green pass. Non abbiamo nulla contro queste disposizioni, ma siamo preoccupati per i riflessi che questa situazione potrà avere a livello occupazionale e quindi sociale“.
Diomede: “Stiamo subendo i prezzi bassi”
“L'uva Italia quest'anno sta subendo molto i prezzi bassi e anche le varietà bianche senza semi soffrono – spiega Teresa Diomede, titolare dell’azienda Racemus di Rutigliano (Bari) – E' una situazione generalizzata in tutti i mercati europei che serviamo, uno scenario difficile da decodificare. Visti i prezzi, non si tratta della concorrenza di altri Paesi. Credo che servano iniziative in grande stile per promuovere il consumo di uva, notiamo che quando i media parlano delle proprietà benefiche del prodotto, gli ordini aumentano”.
“Settembre è sempre un mese lento – aggiunge Diomede – Ma quest'anno per il mondo produttivo è più complesso assorbire la carenza di consumi. I prezzi delle materie prime sono alle stelle, i trasporti sono complicati dalla mancanza di autisti, i rincari dell'energia elettrica sono sotto gli occhi di tutti. Il timore è di arrivare a novembre, quando ci saranno anche gli altri Paesi produttori a competere sul mercato, con ancora tanto prodotto. Il mese propizio per l'Italia è ottobre, speriamo che anche quest'anno sia così”.
Anche perché, come fa notare Teresa Diomede, nonostante la primavera complessa e la siccità che perdura, l'uva è ottima.
Lonigro: “In alcuni mercati manca il rispetto per il prodotto”
“I costi produttivi sono lievitati – conferma Francesca Lonigro, Francesca Lonigro, direttrice commerciale dell’omonimo gruppo di Noicattaro (Bari) specializzato nella produzione e commercializzazione di uva – E poi c'è il problema delle materie prime. Non è più solo una questione di costi, ma anche di reperibilità. La filiera deve interrogarsi sui prezzi bassi a scaffale dell'uva da tavola pugliese, perché se è vero che la Gdo offre meno, è altrettanto vero che molti produttori cedono il prodotto sotto-costo. Manca la coesione del mondo produttivo”.
“Un conto è fare una promozione, un conto è svendere – puntualizza Lonigro – In alcuni mercati manca il rispetto per il prodotto e per il lavoro, la qualità si paga“.
Suglia: “Torniamo allo sfuso”
“Con la carenza di materie prime, abbiamo il problema degli imballaggi – sintetizza Suglia – Forse è il momento di riprendere a parlare seriamente di prodotto sfuso? Ne beneficerebbe il mondo produttivo e anche l'ambiente”.
“Il prodotto sfuso può essere un'idea – replica Lonigro – Ma dipende dalle varietà. Per alcune l'imballaggio è sempre da preferire, il rischio è di perdere gli acini”.
“Sarebbe sicuramente il caso di tornare allo sfuso – conclude Diomede – Ma dobbiamo considerare che l'uva è un prodotto molto delicato e che, quindi, subisce la cattiva gestione nei magazzini e nel reparto ortofrutta. E poi temo che il consumatore, per una questione di igiene, per ora continui a prediligere il confezionato”.