11 novembre 2020

Zero aiuti per i grossisti dal Governo, scatta la protesta

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Aiuti zero. Tutti o quasi prendono soldi e ristori per la pandemia meno i grossisti e altri operatori dell'ortofrutta che restano a secco nonostante la richiesta al Governo. Dai mercati ortofrutticoli, con in testa Fedagro guidato da Valentino Di Pisa, scatta l'indignazione e la protesta.

Soffia tempesta su tutti i mari: le aziende che lavorano con l'Horeca sono quasi in ginocchio, il secondo lockdown rispetto al primo non scatena la corsa ai consumi e c'è pure la variabile meteo in negativo. Temperature troppo alte per la stagione, così non si vendono neanche le castagne. A rilento pure clementine e le prime arance Navel. Si salvano i carciofi, mentre ci sono troppi cavolfiori sempre per il bel tempo. Tutto negativo? Fabio Massimo Pallottini salva la giornata: il presidente di Italmercati in Commissione Agricoltura strappa la promessa che l'Italia chiederà un ruolo per i mercati alimentari all'ingrosso nella direttiva Farm to Fork.

Di Pisa chiede aiuti per la “Filiera della vita”

Non scendono in piazza, anzi sono sempre al lavoro gli operatori dei mercati. Indignati perché dimenticati dal Governo: “E’ inaccettabile che il settore dell’ingrosso agroalimentare sia rimasto escluso dal Decreto Ristori bis considerando le gravi perdite che il comparto sta vivendo a fronte della chiusura anticipata del canale Horeca e del blocco totale nelle zone rosse sottoposte a lockdown”.  Il presidente Di Pisa fa sentire la voce di Fedrago: “Nessun  sostegno né tramite l’allargamento dei codici ateco del primo decreto né attraverso l’inserimento di nuovi codici relativi alle zone rosse – prosegue Di Pisa – Si stimano impatti profondi con perdite fino al 70% tra le aziende che svolgono attività commerciali costanti con l’Horeca”.  Il comparto è uno dei pochi a non aver usufruito di cassa integrazione, ma ora: “Servono misure di ristoro economico quanto prima affinché le imprese possano continuare a lavorare e ad assicurare una giusta tenuta alla filiera della vita, citando la ministra Bellanova“.

Pallottini strappa una promessa per la direttiva Farm to Fork

Fabio Massimo Pallottini, presidente Italmercati

Una nota positiva arriva da una nota di Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati: “L'Italia scriverà in modo esplicito a Bruxelles: all'interno della direttiva Farm to Fork i mercati all'ingrosso devono avere un ruolo ben definito all'interno della filiera agroalimentare”. Servono investimenti. “È la prima volta che l'Unione europea progetta una politica alimentare che proponga misure e obiettivi che coinvolgono l'intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando naturalmente per la distribuzione – conclude  Fabio Massimo Pallottini che il  board del Wuwm ha chiamato  a presiedere e coordinare il gruppo dei Mercati all'ingrosso europei – La convocazione rappresenta innanzitutto un forte riconoscimento a Italmercati”.

A Torino in zona rossa non scatta la corsa ai consumi

A Torino la fine della settimana è andata bene al mercato e ci si aspettava, quindi, una forte domanda. La corsa all'acquisto dei mesi scorsi non si è però ripetuta nonostante la regione sia in zona rossa. Un lockdown che ha metabolizzato l'emergenza e i consumatori hanno meno capacità di spesa. Questa la sintesi del racconto di Stefano Cavaglià, rappresentante Fedagro di Torino,  che ha misurato la pressione dei flussi: “Visto il buon andamento del fine settimana si pensava a un exploit, ma ieri e oggi si registra una terribile calma. C'è un  sovraccarico di merce, abbiamo ancora del prodotto locale come le zucchine con il fiore o il pomodoro cuore di bue. Avevamo già subito un blocco con le prime limitazioni di apertura alle 18“. La situazione si è aggravata: “Siamo partiti  con le verdure invernali quali cavoli, cavolfiori, zucche, ma siamo preoccupati per questa brusca frenata. Non ci aspettavamo questo rallentamento visto che giovedì e venerdì abbiamo lavorato bene e ci faceva sperare bene”. Ma, come sottolinea Cavaglia, una rondine non fa primavera.

E non si vendono neanche le castagne

Sul fronte prodotti? “Il consumatore ora mostra attenzione verso gli agrumi, a iniziare dalle prime Navel e probabilmente la tendenza è legata  alla domanda della  vitamina C come alimento di difesa naturale“. Non va bene la vendita per pere e mele: “Sono eccessivamente costose per il periodo e il consumo è basso. In Piemonte sta andando forte la Isabel; stiamo vendendo bene questa mela rossa dentro, dura e aspra ma con un buon grado zuccherino che all'interno sembra una pesca. Tutto il reparto Golden, Royal va a rilentoe c'è tanto prodotto. Stesso discorso per le pere dove il consumo è  modesto, non ci sono grandi volumi di vendita”.  La prova del nove sui bassi consumi, l'effetto questa volta negativo del lockdown e l'incidenza del clima mite si ha con le castagne:  “Una vendita molto limitata, sicuramente dovuta anche alla mancanza di sagre e fiere, ma pure delle vendite nel centro di Torino dove manca lo struscio“. Chiaro il lockdown  ha spento il consumo relazionale, sociale, tradizionale di un tipico frutto autunnale. “Abbiamo praticamente finito con il prodotto piemontese, oggi trattiamo marrone campano e a breve si parte con il Portogallo“. Per quanto riguarda il prezzo siamo sui 2 euro per il rapporto 70/80 frutti il chilo per arrivare ai 3,30/3,50 per i 45/50 frutti per chilo, sul  fronte prezzi le zucchine locali vanno da 1,60 a 1,70 mentre i pomodori locali vanno da 1,20 a 1,40.

Freno a mano tirato a Verona

Freno a mano tirato anche a Verona dove offre l'analisi a myfruit.it Marco Benedetti, l'ispettore del mercato veneto, che parla di situazione calma: “Domina l'incertezza, gli operatori  comprano in modo misurato perché non si conosce bene l'evoluzione dei consumi“. Il prodotto più richiesto a Verona sono le clementine: “Siamo nel vivo della vendita, il prodotto è buono.  Per i frutti di una  pezzatura  media si va dai 0,80 a 1,30 mentre per i calibri più piccoli è un massacro. L'origine  è calabrese”.  Sono arrivate le prime arance Navel: “Con dei prezzi interessanti, c'è ancora prodotto in foglia,  e si parte da 0,90 fino a 1,50 euro per le pezzature più grosse”. Chiudiamo il capitolo frutta con i cachi: “La produzione locale è intorno a 1,30/1,40 mentre quelli emiliano-romagnoli arrivano a 1,50. Il cachi mela spagnolo invece non supera l'euro e la domanda è bassa così come vanno a rilento le banane.

Anche i veneti non consumano castagne

Non va bene la campagna  delle castagne: “Un consumo molto rallentato, articolo con poca richiesta nonostante sia di stagione. C'è ancora domanda, ma senza pazzie, di uva per quella poca che è rimasta”. Sulle verdure  si vedono le dinamiche contrapposte sui pomodori con  valori alti  con per esempio il datterino da 3,50 a 4 euro: “Ma sono quantità ridotte, sul grappolo siamo da 1,50 a 1,60 con l'Olanda che scende dagli 1,80 precedenti. E poi c'è ancora merce albanese  che si compra intorno a 1 euro“.  Sulle altre verdure si vede la fine delle zucchine locali che stanno intorno all'euro mentre quelle di Fondi  vanno da 1,30 a 1,50.  Le  melanzane venete sono state sostituite da quelle siciliane che vanno da 1,10 a 1,30”.  Sempre dalla Sicilia sono in arrivo i peperoni, tengono i finocchi e sono sempre più presenti i cavoli.

A Roma il tracollo è iniziato da metà ottobre, ma zero aiuti

Nella tappa romana non si cambia musica. Riccardo Pompei, vicepresidente di Fedagro nazionale membro a Roma,  ci fa notare lo spartito: “C'è stato un tracollo delle vendite, iniziato da metà ottobre. Se le aziende che lavorano con l'Horeca registrano perdite fino al 70%  per le altre si va dal 10 al 30%. In questo contesto non ci aiutano le temperature per la vendita della frutta di stagione: dai cachi alle castagne, anche le clementine vorrebbero freddo e un po' acqua, la calabrese è matura ma manca un minimo di grado brix e soprattutto quest'anno c'è tantissimo calibro minimo ovvero siamo invasi da roba piccola che non si vende“. Per i calibri maggiori si arriva anche a 2 euro e si parte da 1,20. Il clima ha un'incidenza anche sugli ortaggi di stagione che maturano prima: “C'è l'invasione di cavolfiori e broccoli. Si salva il carciofo pugliese da 0,60 a 0,70 e il Tema sardo da 0,40 a 0,50“. Male le arance: “Aspetto la Sicilia perché Spagna e Calabria  hanno prezzi troppo bassi, sotto l'euro. Si vendicchiano i peperoni  da 1,40 e 150, le zucchine sono crollate a circa 1 euro. Sui pomodori c'è il prodotto albanese a 0,80 e il grappolo francese a 1,50 mentre piccadilly e ciliegino sono  intorno ai 3 euro“.

L'autunno sardo è primavera per i carciofi

Sui ritmi dello stesso mese dell'anno scorso a Sestu, sede del mercato ortofrutticolo sardo: “C'è calma come sempre dopo la festività dei morti. In questo periodo vanno però i carciofi – sottolinea Cenzo Pisano, presidente di Fedagro Cagliari – Abbiamo iniziato due settimane fa con con il romanesco e ora si è partiti anche con i primi carichi di spinoso. i primi vanno da 0,60 a 0,80 mentre per i secondi siamo sull'euro e il prodotto è buono. Si annuncia una campagna buona per qualità e quantità”. Anche in Sardegna non si vendono le castagne: “Con questo clima non è un articolo che si consuma e viene richiesto, la provenienza è Piemonte e Campania. Ci sono clementine calabresi e di produzione locale come un po' di arance Navel ma sempre  poca richiesta”.

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