28 marzo 2023

Caporalato e logistica, ancora guai per Brt

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Ieri 27 marzo il Tribunale di Milano ha istituito l’amministrazione giudiziaria del corriere Brt e della filiale italiana di Geodis.
Si tratta per entrambe le società dell’amministrazione giudiziaria della durata di un anno, stabilita dai giudici al termine di un’indagine avvenuta in due fasi.

La prima si è focalizzata sulla frode fiscale attuata tramite l’uso di fatture emesse per operazioni giuridicamente inesistenti e la stipula di falsi contratti d’appalto che simulavano una somministrazione di manodopera. L'esito è stato il sequestro preventivo alle due società per oltre 126 milioni, già convalidato dal giudice delle indagini preliminari e attuato a dicembre 2022 e gennaio 2023 come riferito da myfruit.it.

La seconda fase, quella di ieri, ha posto l’attenzione sui trasporti svolti da BRT e Geodis. E' emerso “un sistematico sfruttamento di diverse migliaia di lavoratori”.

Va precisato che per Geodis Italia, il commissariamento è parziale e avviene per evitare che continui ad agevolare il riciclaggio contestato a un referente delle cooperative che lavoravano per l’impresa, che anche in questo caso sarebbero state usate come serbatoi illeciti di manodopera.

I fatti

Alla base dell’indagine penale c'è la denuncia presentata da una sindacalista della Cgil, secondo cui “gli autisti delle società fornitrici di Brt dipendono direttamente da Brt”.

Questi autisti, sempre secondo la denuncia, sono costretti a turni massacranti e a retribuzioni a cottimo. Nessun corso di formazione e nemmeno visite mediche, ma tanti trasferimenti tra cooperative e autisti pagati solo sul numero delle consegne.

Un sistema accettato dai lavoratori che temevano di perdere il lavoro, anche perché sarebbe mancata un’assistenza sindacale “disincentivata nella pratica da Brt”, ha dichiarato la sindacalista. Il che era maggiormente facilitato dal fatto che la maggior parte dei dipendenti è immigrata e in stato di difficoltà economica.

La sindacalista ha anche denunciato di avere subito un tentativo di corruzione nel 2021 da parte di un consulente di un consorzio che aveva in appalto servizi di logistica per Brt. Formalmente, la sindacalista era stata convocata per discutere una vertenza per il trasferimento di autisti da Novara a Milano, ma durante l’incontro il consulente avrebbe mostrato una cartellina che conteneva mille euro in contanti. La donna li prese, per poi portarli ai Carabinieri denunciando l’accaduto. “Ritengo che il tentativo di corruzione fosse legato al loro modo di tenere i rapporti con le rappresentanze sindacali che intervengono nel mondo rtT”, ha spiegato la sindacalista, aggiungendo di avere appreso da iscritti che era “piuttosto diffusa” la corruzione tra fornitori, sindacalisti e dipendenti della società.

Secondo i magistrati l’amministrazione giudiziaria serve per sradicare una “cultura d'impresa” composta da “un insieme di regole, un modo di gestire e condurre l’azienda, un contesto ambientale intessuto di convenzioni anche tacite, radicate all’interno della struttura della persona giuridica, che hanno di fatto favorito la perpetuazione degli illeciti”. Gli inquirenti precisano che “nel corso delle indagini, infatti, si è rivelata una prassi illecita così radicata e collaudata, da poter essere considerata inserita in una più ampia politica d’impresa diretta all’aumento del business”.

La logistica lombarda nei guai

Il 24 marzo scorso la procura di Milano ha rivelato un’altra importante indagine nella logistica lombarda, che ha prodotto 22 ordinanze di custodia cautelare e il sequestro preventivo di quasi 293 milioni.
I pubblici ministeri contestano agli indagati i reati di associazione a delinquere, bancarotta, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per avere organizzato una colossale evasione fiscale durata vent’anni usando consorzi e cooperative che forniscono servizi di facchinaggio e logistica. Le persone indagate sono in tutto 50.

Le attività di indagini hanno consentito di ricostruire un articolato sistema criminale operante in Lombardia da circa un ventennio – scrive la Procura – attraverso la sostituzione delle società pilotate al fallimento con nuovi veicoli societari costituiti ad hoc e l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti”.

L’organizzazione trasferiva i soldi in Cina e poi faceva rientrare i capitali in Italia sotto forma di contante in cambio di una commissione del per cento.

Fonte: Il Corriere, Il Fatto Quotidiano

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