Le mandorle crescono bene anche dove non ci sono mai state coltivazioni specializzate. E’ il caso della società agricola Copa (Cooperativa ortofrutticola produttori associati), con sede a Canino (Viterbo), una base sociale di 125 produttori e terreni che abbracciano la Maremma tosco-laziale.
A fare il punto su tale coltura, introdotta in cooperativa tra 2016 e 2017 per offrire un’alternativa ad altri impianti ortofrutticoli, è Sergio Marcoaldi, agronomo che, fin dall’inizio, sta seguendo questo progetto di una filiera organizzata della mandorla.
“Il 2023 per le nostre mandorleè stato un anno positivo dal punto di vista produttivo – commenta Marcoaldi – Stanno infatti entrando man mano in produzione nuovi impianti, per una superficie che a pieno regime supererà i 100 ettari, coinvolgendo 25 aziende agricole associate alla nostra cooperativa. Con l’ultima raccolta abbiamo incrementato di un 20% la produzione rispetto al 2022″.
Scendendo maggiormente nei particolari, Marcoaldi aggiunge: “Ci stiamo trovando molto bene con il sistema intensivo Zaragoza che abbiamo adottato fin dall’inizio. Esso prevede tra le 500 e 600 piante per ettaro. Abbiamo puntato sulle varietà Tuono, Lauranne e Penta, allevate con una potatura molto razionale e specifica. Il core business della cooperativa rimangono altre tipologie di ortofrutta, in particolare l’asparago verde (recentemente insignito della denominazione di Canino Igp) il melone retato, il pomodoro, il carciofo romanesco, l’anguria e le brassiche, ma il mandorlo si sta presentando comunque come una buona alternativa. Anche nell’ottica di gestire la coltura con una discreta quota di meccanizzazione e senza bisogno di troppa manodopera. Si sta rivelando giusta anche la scelta del sistema intensivo, ma non super-intensivo, con impianti giovani e tutti irrigui”.
Marcoaldi prosegue: “Dobbiamo anche considerare che ci troviamo in una zona storicamente vocata all’olivicoltura, l’area di produzione dell’Olio extravergine Canino Dop. Il mandorlo appartiene alla stessa specie dell’olivo, essendo anch’esso una drupacea. Diversi macchinari e strumenti impiegati in olivicoltura si possono adattare e utilizzare anche per la coltivazione del mandorleto. Per la raccolta, ad esempio, si utilizzano le stesse macchine scuotitrici impiegate in olivicoltura. Poi, i produttori più piccoli si avvalgono dei teli a terra, mentre negli impianti più estesi si ricorre alle spazzolatrici, che raccolgono tutto il prodotto fatto cadere a terra in precedenza”.
Per quanto riguarda l’aspetto commerciale, Marcoaldi rileva: “Ci troviamo ad operare in un contesto molto complesso, dove ovviamente si fa sentire la concorrenza estera, in particolare californiana e spagnola, che si propone con prezzi molto bassi, per noi del tutto fuori portata. Tuttavia, fin da subito abbiamo puntato su un prodotto di qualità e, per questo, cerchiamo di rivolgerci a chi è in grado di apprezzare questa qualità. In Italia, del resto, non mancano le realtà dolciarie che producono eccellenze e ci sono anche diversi distributori che vendono mandorla come prodotto funzionale al benessere dell’organismo. Per quanto ci riguarda, noi ci impegniamo quotidianamente per offrire la massima qualità: basti pensare che procediamo alla sgusciatura espressa del prodotto conservato in guscio solo in prossimità della consegna dell’ordine al cliente. Una situazione ben differente, quindi, rispetto a mandorle che devono affrontare diverse settimane se non mesi in container e che sono state sgusciate molto tempo prima della loro messa in vendita. In altri termini, ci rivolgiamo quindi a quella clientela che apprezza un prodotto italiano, locale, tracciato e sicuro. Il valore aggiunto della nostra offerta – conclude – sta nella coltivazione rispettosa dell’ambiente e nella salubrità dei frutti, tanto richiesta dai consumatori. Ci auguriamo e auspichiamo quindi che la filiera nazionale della mandorla possa risollevarsi dalla crisi dei prezzi dovuta ai grandi quantitativi importati dall’estero”.