Un carrello della spesa colmo di frutta e verdura, quasi fuso insieme ad un carretto, anch'esso ricco di ortofrutta e usato più a monte della filiera di questo settore. Campeggiava questo strano oggetto sul palco del Teatro Manzoni di Milano durante la presentazione della 20esima edizione dello Speciale Frutta & Verdura edito da Mark Up e curato da Roberto Della Casa in collaborazione con Italiafruit news.
Quasi una metafora fisica che sicuramente ben raffigura uno degli obiettivi, forse da sempre il più evocato e mai completamente realizzato, del settore: fare sistema e cambiare finalmente i rapporti di filiera. Cercare di stare uniti senza incomprensioni al fine di generare conoscenza nei confronti del consumatori. Una speranza evocata a più riprese durante le 3 ore e mezza di questo ormai classico appuntamento del settore ortofrutticolo che anche questa volta ha attirato moltissimi partecipanti. E, non a caso, è anche uno dei punti cardine del “Manifesto dell'ortofrutta”, presentato alla fine di quelli che sono stati definiti dei veri e propri Stati Generali.
Per sviscerare i tanti temi presenti nel voluminoso speciale di Mark Up, anche quest'anno si sono avvicendati sul palco molti protagonisti, i cui interventi sono stati intervallati da brevi video degli sponsor, chiamati anch'essi a proporre spunti, riflessioni e soluzioni.
Paolo De Castro, parlamentare europeo e primo vice-presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale, ha aggiornato la platea sui tempi della nuova Pac, la cui riforma verrà prorogata a fine 2022. “C'è tempo per lavorare ai regolamenti di riferimento. Noi vogliamo che rimanga comune a tutti i Paesi europei, magari più flessibile, ma non smembrata in tante differenti politiche regionali. Non vogliamo tanti piani strategici regionali». Per quanto riguarda le nuove misure che proteggono gli agricoltori dalle pratiche commerciali sleali, approvate dal Parlamento europeo a marzo di quest'anno e che hanno visto proprio l'europarlamentare italiano protagonista come relatore del dossier, sembra non mancare molto alla loro reale applicazione che ha ammesso come in futuro bisognerà apportare delle modifiche poiché, in questo momento non c'è la reciprocità. «Non potevamo prendere in considerazione gli atti sleali dei fornitori contro la Gdo. Non c’è reciprocità al momento e la chiederemo. In questo momento la Gdo non può denunciare in forma anonima eventuali pratiche sleali fornitori».
Molto interessante la case history del colosso spagnolo San Lucar, raccontata direttamente dal ceo e fondatore Stephan Rötzer, nato in una famiglia di commercianti e ingrosso di ortofrutta e oggi, dopo tante esperienze a capo di una realtà che produce 90 referenze di ortofrutta in 35 paesi, vendute in 36 e che riesce a brandizzare circa 1000 punti vendita di insegne di primo piano della grande distribuzione nel mondo. «In questi posti noi non siamo solo il primo fornitore di ortofrutta, ma di tutto il supermercato. Come ci riusciamo? I supermercati vogliono sempre fare cose diverse, noi abbiamo la capacità di farlo». E a proposito della capacità di fare cose nuove, ha colpito il progetto denominato “Dreams” acronimo di “Developing Responsible Environments And Multicultural Societies”, con il quale San Lucar sviluppa progetti locali che portano benefici immediati ai suoi dipendenti e alle loro famiglie e comunità in paesi produttori che hanno concrete difficoltà.
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha puntato il dito su alcuni dei problemi che affliggono da tempo la filiera ortofrutticola: dalle barriere fitosanitarie che non ci consentono di esportare in paesi come la Cina, nonostante questi ultimi possano invece farlo liberamente esercitando, di fatto, una “concorrenza sleale”, all'importanza dell'educazione alimentare nei confronti dei piccoli, dopo il fallimentare progetto Frutta nelle Scuole, che “è stato quasi un disincentivo per i bambini a causa di una proposta sempre identica e spesso di bassa qualità». Prandini ha invocato maggiori controlli per le importazioni per evitare altri casi come quello della cimice asiatica e un desiderio: «Avere non un ministro dell'agricoltura, ma dell'agroalimentare, un ministero di filiera che si occupi di tutti i tanti problemi del settore e possa così rapportarsi alla politica per avere delle risposte».
Tra i tanti ospiti – Angelo Benedetti di Unitec ha mostrato i risultati ottenuti dai produttori cileni di ciliegie con gli investimenti in tecnologia e l'elevazione degli standard minimi; Andrea Segrè ha evidenziato quanto ancora ci sia da fare sul tema nello spreco di frutta e verdura, aspetto cardine della sostenibilità; Francesco Mutti, ceo dell'omonima azienda di conserve di pomodoro, ha narrato la storia dell'aziende e le sue politiche rivolte alla qualità più che alla quantità – anche due esponenti della distribuzione moderna, spesso evocata durante la mattinata.
Maniele Tasca, general manager di Selex, ha mostrato i plus di un modello organizzativo che sino ad ora si è dimostrato vincente riuscendo a tenere assieme molte anime e insegne differenti su tutto il territorio. Il ruolo dell'ortofrutta? «Centrale. I freschissimi sono fondamentali in tutte le imprese del nostro gruppo. Al di là di aver messo l’ortofrutta nel posto giusto, il passaggio chiave è averci messo la faccia con la marca del distributore sviluppando 150 prodotti. Ma un altro passaggio chiave è stato creare nei punti vendita layout standardizzati e ora siamo in fase di segmentazione e valorizzazione dell'offerta. Aumentiamo l'offerta con segmenti specifici e cerchiamo di aumentare la penetrazione del reparto ortofrutta per cercare di aumentare i consumi. Per fare tutto questo serve metodo».
Maura Latini, invece, amministratore delegato di Coop Italia, ha focalizzato il suo intervento per spiegare le ragioni dell'ormai famosissimo spot “La spesa Coop cambia il mondo” che ha suscitato più di qualche polemica quando è apparso per la prima volta. «Spot contro agricoltura? No, il nostro è un messaggio “per” e non “contro” qualcuno» ha chiarito. «Lo spot nasce da una consapevolezza ed è una proposta collettiva. Ci occupiamo di sostenibilità da decenni, ma lo stato della terra, dell’economia e del modo consumare è tale che la buona volontà delle singole imprese non basta più. Allora abbiamo alzato l’asticella con una proposta che fa intravedere un futuro: tanti atti di acquisto, se consapevoli, indirizzano l’economia. La “buona spesa” non è quella della Coop, ma di tutti quelli che vogliono fare cose positive».