Secondo i dati dell'associazione “Agricoltura biodinamica”, il 95% dei prodotti coltivati nel 2020 con questo metodo ha raggiunto i mercati esteri più remunerativi, tra cui Germania, Scandinavia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Giappone. “Un caso esemplare – commentano dall'associazione – da cui poter mutuare modelli di business adeguati a sostenere l'esportazione dei prodotti dell'eccellenza italiana, nel quadro della coltivazione biologica”.
Il presidente Carlo Triarico osserva: “Nel corso dell'anno passato la crescita per i prodotti biodinamici italiani è stata del 14% per il mercato estero e del 9% per quello interno. Tali dati documentano il cambiamento dei consumi alimentari a seguito della pandemia e sono un esempio utile per adottare una strategia di sviluppo dell’agricoltura del paese verso produzioni di pregio e mercati più remunerativi”.
Export trainante
“La quasi totalità della produzione, il 95% – prosegue l'associazione – ha raggiunto mercati di pregio come Germania e centro Europa, paesi scandinavi, Gran Bretagna, Stati Uniti e Giappone. L'export risulta un fattore trainante per il settore biodinamico, in particolare se il suo tasso di crescita viene paragonato a quello del comparto primario: le esportazioni agroalimentari sono aumentate dell'1,7% nei primi undici mesi del 2020 (-9,9% il dato nazionale), mentre quelle del biologico dell'8% in tutto l'anno. L'esperienza delle aziende che sposano il metodo biodinamico, 4.500 secondo i dati Mipaaf più recenti, può raccontare qualcosa al sistema-paese in agricoltura e in particolare alle sue 80mila aziende bio. A partire dalla remuneratività: secondo l’ultima indagine sulla biodinamica pubblicata sul Bioreport 2018, il fatturato medio per ettaro di un’azienda certificata biodinamica risulta essere di 13.309 euro, di gran lunga superiore sia alla produzione lorda vendibile di un’azienda biologica (2.441 euro), sia a quello di un’azienda convenzionale (3.207 euro). Un dato di cui tenere conto, visto che l'Italia si è confermata anche nel 2020 primo paese in Europa per valore aggiunto in agricoltura, pari a 31,3 miliardi di euro.
In questo senso – prosegue l'associazione – assume valore paradigmatico la storia di realtà biodinamiche che in ogni parte d'Italia hanno deciso di puntare esclusivamente all’export, come Fattoria La Vialla, una delle più grandi aziende biologiche d’Europa, con i suoi 1.500 ettari di superficie in Toscana e prodotti venduti interamente in Germania. Scelta netta anche per il Consorzio Bif, che riunisce decine di aziende biodinamiche da Nord a Sud e commercia il 100% nei mercati del centro e nord Europa. Non mancano i casi clamorosi, che indicano come si possa uscire dalla crisi. Il consorzio Natura e Alimenta, in Piemonte, il maggior produttore di latte bio in Italia, è riuscito nell'impresa di vendere il suo latte biodinamico alla Germania, paese leader del settore in Europa con il 20% di quote latte vaccino consegnato. O ancora, la cantina sociale di Orsogna, una realtà abruzzese che raccoglie centinaia di produttori ed esporta vino biodinamico, è riuscita ad aumentare le vendite del 20% nonostante un anno critico per la vendita del vino, a causa della chiusura dei ristoranti”.
“Puntare alle produzioni di pregio che interessano i mercati più ricchi può essere determinante per il Paese, che è già il maggior esportatore al mondo di prodotti biologici, dopo gli Stati Uniti”, osserva Triarico. “Per questo il trend biodinamico meriterebbe di essere esplorato per facilitare i processi di miglioramento continuo delle performance economiche dell'agricoltura italiana, coerentemente con la vocazione di alta qualità del comparto agricolo nazionale e con la sfida del Green Deal Ue. Gli standard biodinamici aderiscono per natura alle indicazioni della strategia Farm to Fork, individuate dalla Commissione, una sfida non semplice per le imprese agricole di tutta l'Unione. In questo senso, l'Italia può sfruttare una posizione di vantaggio alla partenza, grazie al carattere di qualità della sua agricoltura e dalla leadership in bioagricoltura”.