15 settembre 2020

Agricoltura: dall’Ue 38,7 miliardi all’Italia

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Tra il 2021 e il 2027 l'Italia avrà a disposizione circa 38,7 miliardi di fondi europei per finanziare le sue politiche agricole. Una cifra comprensiva dei 925 milioni che arriveranno dal Recovery Fund, una delle quota più ampie tra quelle in cui sono stati ripartiti gli otto miliardi aggiuntivi stanziarti per la Politica agricola comune (Pac) con il piano di rilancio Next generation Eu. L'Italia dovrebbe ricevere nel 2021 anche un anticipo di 298,7 milioni per lo sviluppo rurale, deciso dai Capi di Stato per tutti i Paesi Ue.

E' quanto emerge dalla elaborazione dei dati della direzione generale Bilancio della Commissione europea. L'Italia, inoltre, potrà contare su una dotazione per i pagamenti diretti da 25,4 miliardi ed è il primo Paese per contributi per i programmi nazionali per il settore del vino, con 2,3 miliardi Ue. Per il comparto dell'olio di oliva arriveranno 242 milioni e per quello del miele 36 milioni.

“Da come si era partiti, con i tagli proposti nel 2018 dalla Commissione Juncker, possiamo dire che la spesa Pac ha tenuto – ha commentato l'eurodeputato Paolo De Castro (S&D, Pd) – Anzi, se si considera il 2020 a prezzi correnti il bilancio agricolo Ue è leggermente aumentato”. De Castro è il relatore della parte del regolamento Omnibus che si riferisce all'agricoltura. Si tratta del provvedimento con cui l'Europarlamento contribuirà a definire i dettagli della distribuzione del fondo per la ripresa.
“Ora – ha aggiunto De Castro – dobbiamo batterci per rendere disponibili i fondi aggiuntivi già nel 2021“. Secondo l'impianto del Recovery Fund, infatti, i finanziamenti dovrebbero esserci solo a partire dal 2022. “Dobbiamo cercare in tutti i modi di anticiparli per poter dare subito risposte alle conseguenze della pandemia. Per velocizzare – ha continuato – si sta pensando di inserire tutto nel regolamento per il periodo transitorio sulla Pac, che estenderà di due anni l'attuale Politica agricola”.

La Commissione voleva limitarsi a un anno, “ma la volontà di Europarlamento e Consiglio è chiara – ha precisato De Castro – La transizione sarà di due anni, fino al 31 dicembre 2022”. Per lo sviluppo rurale, tra fondi del quadro finanziario 2021-27 e supplemento del Recovery Fund, all'Italia nei prossimi sette anni andranno contributi Ue per 10,7 miliardi, cui dovranno aggiungersi i co-finanziamenti regionali. “La Commissione e l'Europarlamento proponevano di più perché i finanziamenti per lo sviluppo rurale sono essenziali per la transizione verde e digitale”, ha spiegato De Castro. L'accordo tra i capi di Stato ha dimezzato le risorse, consentendo però di anticipare i fondi del quadro finanziario pluriennale al primo anno. E si potrebbe consentire di aumentare il contributo alle regioni più volenterose su ambiente, clima e nuove tecnologie, con “la quota di finanziamenti regionali che potrebbe essere resa più flessibile”, dice De Castro. “Nel testo dell'omnibus – prosegue – vorremmo quindi inserire la possibilità di contribuire di più per chi voglia finanziare i programmi in innovazione verde e agricoltura digitale”.

Coldiretti, con Recovery Fund progetti strategici

“Una occasione per superare lo storico squilibrio nei fondi europei assegnati al settore primario con l’Italia che è superata da Francia, Germania e Spagna, nonostante sia il primo Paese europeo per valore aggiunto, numero di imprese agricole e qualità delle produzioni con 305 specialità a denominazione di origine riconosciute a livello comunitario e il primato nelle aziende biologiche”. Questo il commento del presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, all'elaborazione della direzione generale Bilancio della Commissione europea.

Per superare il gap competitivo nei confronti degli altri Paesi l’agroalimentare va incluso nei progetti strategici da realizzare con le risorse del Recovery Fund – ha precisato Prandini – La necessità di superare i limiti alla capacità di investimento nel comparto agricolo e alimentare. Il Recovery Fund è importante per recuperare i ritardi accumulati nelle infrastrutture, dai trasporti alla logistica, fino alle energie rinnovabili, che penalizza le produzioni agroalimentari nazionali rispetto ai concorrenti. E poi spazio all’internazionalizzazione, agli investimenti in nuovi mercati, ma senza trascurare quelli consolidati come gli Stati Uniti che – conclude Prandini – rappresenta un partner centrale per l’agroalimentare Made in Italy”.

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