Nel futuro dell’agricoltura ferrarese ci sarà un Distretto delle Sabbie Emiliane che miri a valorizzare, magari con tanto di marchio proprio, le produzioni agricole provenienti dai terreni sabbiosi del Delta del Po? Probabilmente sì. Perché le premesse per farlo ci sono tutte, dimostrate nero su bianco dal progetto Valoser, un’iniziativa partita tre anni fa e che vede insieme pubblico (in primis la Regione Emilia Romagna) e privato (soprattutto aziende agricole del territorio) per indagare, appunto, la possibilità e le potenzialità di “fare Distretto” in questa zona del Ferrarese.
Le conclusioni del progetto Valoser sono state ben esplicitate questa mattina al Villaggio Spiaggia Romea di Lido delle Nazioni (Ferrara) da Gloria Minarelli dell’Istituto Delta Ecologia Applicata, la quale ha ribadito: “Il progetto pilota dice che si può procedere; si può quindi andare avanti con il Distretto. E tutto ciò potrà essere anche una grande eredità lasciata alle imprese locali e al territorio, essendo un modello tutto da sviluppare”.
Un areale unico
Il territorio del Delta del Po emiliano ha caratteristiche uniche, che sono emerse tra l’altro solo di recente. Come è emerso durante la presentazione del progetto Valoser, fino agli Anni Settanta del secolo scorso questi terreni erano considerati di poco valore e piuttosto deprezzati sul mercato, tanto che furono oggetto di specifiche politiche di insediamento. Oggi, invece, nell’ambito del Ferrarese, rappresentano terreni di pregio dal punto di vista agricolo, perché per le loro caratteristiche intrinseche permettono di accelerare o moltiplicare il ciclo di alcune colture (la carota, in primis, qui disponibile per oltre 10 mesi l’anno), grazie appunto a fattori oggettivi, illustrati sempre da Minarelli. Il terreno sabbioso (cioè con oltre il 60% di sabbia), che si arriva a coltivare già a pochi metri dal mare, garantisce: facile lavorabilità; stabilità delle proprietà fisico meccaniche; bassa resistenza alla lavorazione con conseguente risparmio di tempo e di energia; buona mobilità dell’acqua; alta permeabilità (ovvero minor ristagno di acque superficiali). Sempre grazie alle caratteristiche del terreno, gli ortaggi prodotti risultano anche più puliti al momento della raccolta e necessitano quindi di minori lavorazioni.
Cosa serve per fare il Distretto?
Ora che il progetto Valoser ha dimostrato che il un distretto del cibo, in particolare il Distretto delle Sabbie Emiliane, è possibile e potenzialmente conveniente, cosa occorre? “Al fine di ottenere il riconoscimento come Distretto del Cibo – ha proseguito Minarelli – il soggetto richiedente (cioè il gruppo delle imprese agro-alimentari che aderiranno) dovrà soddisfare alcuni requisiti e condizioni. In primo luogo, dovrà rappresentare uno o più prodotti agroalimentari, dovrà dimostrare di operare in un territorio ben definito (e su questo punto è stato chiarito che si andrà con i confini amministrativi dei comuni), bisognerà dimostrare di essere rappresentativi della produzione agroalimentare realizzata nel territorio del Distretto, sarà necessario dimostrare di avere regole di relazione e funzionamento vincolanti”. Il territorio considerato all’interno del progetto pilota Valoser ha preso in considerazione sei comuni del Ferrarese (Mesola, Goro, Ostellato, Codigoro, Comacchio, Lagosanto), per una superficie lorda destinata all’attività agricola di 18.598,70 ettari.
Perché un Distretto?
Ci sono due principalmente due motivi, strettamente connessi tra loro, che motivano alla creazione di un Distretto ad hoc in questa zona. Da un lato, c’è la possibilità di accedere a una fetta più consistente dei contributi che l’Unione Europea mette a disposizione del settore primario. Allo stesso tempo, c’è il tema della conservazione e del mantenimento della fertilità del suolo, che oggi in questa zona vede un’ampia applicazione pratica dell’agricoltura di precisione, ovvero un tipo di agricoltura sostenibile che, attraverso analisi del suolo, sensoristica, mappature satellitari, permette di scandire in modo puntuale le giuste lavorazioni da effettuare in ogni centimetro del campo e avere una qualità della produzione sempre garantita.
Le principali produzioni della zona
Secondo dati della Regione Emilia Romagna, nei comuni presi in considerazione dal progetto pilota Valoser, nel 2020 sono stati prodotti 7.024 ettari di grano tenero, quindi pomodoro (4.018 ettari), grano duro (2.324 ettari), patate (1.185 ettari), carote (1.145 ettari), vivai frutticoli (152 ettari), ortive a pieno campo (32 ettari), fragole in pieno campo (175 ettari). Come è stato poi mostrato durante il tour di visita alle aziende aderenti al progetto pilota Valoser (vedi sotto), questo areale è centrale dal punto di vista agricolo a livello nazionale e internazionale: qui, infatti, come sottolineato da Silvia Salvi di Salvi Vivai, nasce il 90% delle piantine di fragole che si producono ogni anno in Italia. E, sempre qui, si fa propagazione dei portainnesti per il kiwi (Bounty) e per il ciliegio (Gisela 5 e Gisela 6).
Chi ha aderito al progetto Valoser
Il progetto Valoser è una iniziativa delle aziende Vivai Mazzoni, Società Agricola Oasi di Garbin Antonio e C., Società Agricola Delta Bio, Vivai Salvi, Marta Mazzoni, Consorzio Italiano Cooperative Ortofrutticole C.I.C.O., Maiscoltori Basso Ferrarese Società Cooperativa Agricola, Pro.Pa.R. Società Cooperativa Agricolare, Cnr Ibe, Dinamica, con il contributo di Istituto Delta Ecologia Applicata. L'attività rientra nel tipo di Operazione 16.1.01 – Gruppi operativi del PEI per produttività e sostenibilità dell'agricoltura a valere sul Psr 2014-2020 della Regione Emilia Romagna, Delibera di Giunta regionale del 10 dicembre 2018 nr. 2144.