Il 2019 è iniziato bene per i produttori emiliani di patate, anche se il bilancio complessivo si potrà fare solo a campagna chiusa, quindi indicativamente tra aprile e maggio. «I dati sulle vendite di gennaio parlano di volumi che sono tornati ad aumentare, +6,79 rispetto a gennaio 2018, dopo i mesi precedenti che hanno visto un calo nelle vendite anche vicine al 10% – ci spiega Andrea Galli direttore di Agripat -. Anche febbraio è iniziato con volumi interessanti che potrebbero bissare il dato di gennaio».
L'Associazione conta circa mille soci, di cui circa 300 sono diretti e 700 di cooperativa, quindi indiretti, dislocati per il 90% in Emilia e il resto tra Emilia Romagna, Veneto e Lombardia. Tra le cooperative aderenti le principali sono Patfrut e Apofruit, le altre sono cooperative agricole che vendono attraverso Agripat ai commercianti o direttamente sul mercato.
L'Associazione rappresenta la parte agricola del Consorzio Selenella, di cui è il 33% del capitale sociale e di fatto è garante di tutta la parte produttiva all’interno dello stesso consorzio. È rimasta l'unica organizzazione di produttori di patate a livello regionale e di recente ha rinnovato il consiglio d'amministrazione presieduto da Matteo Todeschini, coadiuvato da due vice presidenti Luca Mattei e Massimo Cristiani. «Sono entrati consiglieri molti giovani e vediamo di portare al massimo la rappresentanza dei produttori» commenta Galli.
Nel pieno della campagna commerciale i produttori sono ottimisti. «Gennaio è stato un mese con vendite molto alte dovute soprattutto alla presenza di molte offerte che ha fatto la Gdo: la Dop è rimasta a volumi altissimi – sottolinea ancora il direttore -, per quanto riguarda il conto deposito ci aspettiamo un prezzo che sia almeno il 90% del prezzo di riferimento fissato per i produttori: ovviamente ci aspettiamo il 100% ma contiamo che sia almeno il minimo previsto dal contratto quadro».
Considerando che la produzione non è stata alta, conclude Galli, «già da subito era abbastanza chiaro che il mercato non sarebbe andato male: noi non avevamo la stessa quantità di patate e il resto d'Europa ha poco prodotto, quindi era abbastanza facile immaginare che il prodotto italiano sarebbe stato utilizzato più del solito o comunque che non ci sarebbe stata la concorrenza estera a basso prezzo».