Integrazione, non fusione. Un accordo, quello siglato tra due grandi big dell’ortofrutta italiana, Apofruit e Terremerse, che mira a mantenere le specificità delle due cooperativa da una parte, dall’altra a integrare e rendere più efficienti le specilizzazioni di entrambe.
Apofruit diventerà il braccio operativo del fresco e l’O.P. Pempacorer la capofila della filiera che gestisce il prodotto con destinazione all’industria. L’integrazione, già iniziata con un accordo sottoscritto nel 2013 (vedi qui), sarà operativo a partire da gennaio del 2016: prima di allora, Apofruit prenderà in affitto il ramo d’azienda di Terremerse che comprende stabilimenti, parco imballi, impianti, macchinari, attrezzature industriali, commerciali, di frigoconservazione e lavorazione di quattro stabilimenti (Lavezzola, Faenza, Imola e Mezzano.) della cooperativa di Bagnocavallo. Questi i punti cardine dell’accordo presentato martedì 29 settembre.
Secondo Ilenio Bastoni, direttore generale di Apofruit, questa nuova organizzazione, oltre a gestire un paniere di oltre 2 milioni di quintali di prodotto ortofrutticoli, “porterà a un risparmio valutabile intorno ai 500 mila euro l’anno, che andrà a beneficio dei produttori». Marco Casalini, presidente di Terremerse, sottolinea come l’autonomia e l’identità delle due cooperative sarà conservata. “Resteranno in capo a Terremerse la direzione del ramo d’azienda, la gestione diretta di tutta l’ortofrutta destinata all’industria, gli addetti all’assistenza tecnica in campagna, allo sviluppo della base associativa e alla ricerca di nuovi conferimenti».
I 4000 soci produttori delle due cooperative avranno un unico regolamento interno e la stessa liquidazione dei prodotti conferiti, specifica Mirco Zanotti, presidente di Apofruit. Un accordo, quindi, che intende fare sistema per rilanciare la frutticoltura della regione. “Il nostro auspicio – conclude Gilberto Minguzzi, amministratore delegato di Terremerse – è che vengano dedicate maggiori attenzioni a un territorio la cui frutticoltura negli ultimi anni non è riuscita a garantire un reddito adeguato alla produzione”.