26 ottobre 2018

Anche la frutta “brutta” merita una seconda chance

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Se Oltreoceano le iniziative contro lo spreco a favore del commercio di frutta e verdura esteticamente imperfetta aumentano, ultima in ordine di tempo l'iniziativa di Kroger con l'introduzione di una private label ad hoc, in Italia si stenta ancora a partire in modo deciso su questo fronte, al netto di qualche eccezione che, fortunatamente, non manca. Cè il caso di Conad, nome di riferimento nello scacchiere della grande distribuzione del nostro paese.

«Nell’ambito dei supermercati, fatte salve alcune eccezioni, il visivo -qualità percepita- è uno degli aspetti più importanti, assieme alla freschezza» ci spiega Gianmarco Guernelli, responsabile acquisti ortofrutta. «Tutto ciò che non è fresco e bello è difficilmente acquistato». L’aspetto estetico e la freschezza condizionano la scelta del consumatore, spesso guidato dal concetto «bello uguale sano». Tuttavia, «perfezione estetica non è sempre sinonimo di alta qualità e il consumatore spesso rimane deluso dal sapore». Ecco perché ogni giorno il consorzio, composto da oltre 2500 soci dettaglianti, si impegna per far sì che le aspettative del cliente non siano deluse.  «In caso, per esempio, di mele grandinate o rugginose o di pere rameggiate, vengono messe in vendita evidenziando che i difetti estetici non precludono la qualità del prodotto”. 

La merce “brutta”, quindi, non viene dunque gettata via, salvo casi in cui la stessa non superi i controlli di qualità dettati dalla stessa Conad, ma contrassegnata come “seconda scelta”. Al cliente spetta  la decisione se acquistarla oppure meno. E se qualcosa si “imbruttisce” durante l’esposizione sul banco, sta al singolo punto vendita decidere cosa farne. E se e come progettare ulteriori iniziative contro lo spreco alimentare. Sicuramente un punto di inizio per affrontare un tema che sembra sempre di più grande portata a livello mondiale. 

Nella foto in alto punto vendita Conad di Condemine, Sarre (Aosta) 

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