“Conoscere, comprendere e interpretare, attraverso la ricerca, i processi evolutivi in agricoltura è indispensabile per supportare la sostenibilità e la competitività non solo del nostro agroalimentare, ma dell’intero sistema paese. E, in questo senso, l’annuario del Crea è senz’altro la sua migliore rappresentazione”. Così Mario Pezzotti, Commissario Straordinario del Crea, intervenendo alla presentazione dell’annuario dell’agricoltura italiana 2022, il prodotto istituzionale di più lunga tradizione, che da 76 anni aiuta a comprendere lo stato del settore in Italia, realizzato dal Crea con il suo Centro politiche e bioeconomia.
Un settore cardine da 621 miliardi
Il sistema agroalimentare nel suo complesso si conferma un settore cardine della nostra economia, con un fatturato di circa 621 miliardi di euro, circa 15% del fatturato globale dell’economia nazionale, grazie alle buone performance di agricoltura, dell’industria alimentare e delle bevande (40% del totale). Da notare, tuttavia, come le singole regioni italiane contribuiscano in misura differente al risultato, con tre (Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) che producono oltre il 42% del valore totale e altre tre (Campania, Lazio e Piemonte) che insieme sommano un ulteriore 22%. Rilevanti le differenze a livello regionale anche rispetto alla sua composizione: l’industria alimentare e delle bevande gioca un ruolo maggiore al Nord, agricoltura e sistema distributivo rivestono un peso più significativo al Sud.
Record export
Sul fronte degli scambi con l’estero il 2022 segna un nuovo primato, sia per le importazioni, che raggiungono il valore record di quasi 63 miliardi (+29,3%), sia per le esportazioni, che si avvicinano alla soglia dei 60 miliardi di euro (+16%). Tali dinamiche sono fortemente influenzate dalla crescita dei prezzi internazionali; tuttavia, agli aumenti in valore si accompagnano spesso incrementi dei volumi scambiati, sebbene di minore intensità. Da segnalare, anche in questo caso, le forti differenziazioni territoriali con le regioni settentrionali che coprono più del 70% del totale nazionale dei flussi in entrambe le direzioni (import ed export), mentre l’area meridionale e insulare importa appena il 16,0% ed esporta il 18,6% dei prodotti agro-alimentari scambiati sui mercati esteri. I dati dei primi nove mesi 2023 evidenziano un ulteriore aumento degli scambi in valore (+7% circa), sebbene più contenuto di quello riscontrato nel 2022. Durante il terzo trimestre 2023 la bilancia agroalimentare torna positiva nel mese di settembre.
Indiscusso anche il contributo (circa il 60%) dell’agricoltura e dell’industria alimentare alla bioeconomia, che rappresenta l’11% dell’intero sistema della produzione nazionale (+1% rispetto a 2021).
Come cambia l’organizzazione aziendale
Dal punto di vista strutturale, si segnala una ristrutturazione del tessuto imprenditoriale verso forme organizzative più complesse: prosegue la fuoriuscita di aziende dal settore. Fanno eccezione le società di persone e di capitale, in controtendenza rispetto alle imprese individuali e alle altre forme giuridiche, registrando un incremento del +2,4%. Analogamente, l’industria alimentare e delle bevande vede anch’essa una riduzione del numero di imprese (-2%) trainata da quelle individuali; al contempo, aumentano le unità di lavoro occupate (+3%), con un conseguente aumento della dimensione media delle imprese. Un effetto positivo sull’intero settore è esercitato anche dalla crescita dei fenomeni aggregativi, come testimonia il trend positivo dei dati sulle forme di organizzazione e cooperazione tra imprese.
Buona la performance delle attività di diversificazione dell’agricoltura, che interessano poco meno del 6% delle aziende agricole italiane, valore che si raddoppia se condotte da giovani agricoltori, e che realizzano circa 1/5 dell’intero valore della produzione agricola italiana. Anche in questo caso si conferma la spinta della concentrazione territoriale, con il Nord e il Centro in cui si collocano i 3/4 delle aziende agricole, che generano i 2/3 del valore della diversificazione.
Sempre più energia pulita dalle aziende agricole
Dal punto di vista ambientale, da evidenziare il contributo del settore agricolo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare solare, biomassa e biogas, il cui valore della produzione dal 2010 ad oggi si è decuplicato. Ampio è il margine di sviluppo dei diversi segmenti delle rinnovabili, sia di quelle legate all’uso di prodotti e sottoprodotti del sistema agro-alimentare, sia di quelle legate a sistemi più innovativi, come l’agrivoltaico, con ricadute positive in termine di minore dipendenza energetica del Paese, riduzione dei costi di produzione per le stesse aziende produttrici, diversificazione dei redditi provenienti dalla vendita di energia. Da segnalare anche il fatto che il settore agricolo abbia realizzato una riduzione delle proprie emissioni climalteranti (-2,7% rispetto al 2021).
Menzione particolare per le foreste, protagoniste nella manutenzione del territorio, nel presidio delle aree interne, nella conservazione della biodiversità, oltre che nella regolazione delle emissioni climalteranti e nei servizi ecosistemici: negli ultimi 36 anni la superficie forestale nazionale è cresciuta del 37% e triplicata rispetto a 100 anni fa.
12 miliardi di spesa pubblica per l’agricoltura
Si conferma rilevante la spesa pubblica per il settore agricolo: circa 12 miliardi, corrispondenti a un peso del 34% del valore aggiunto settoriale nel triennio 2020-2022. Dall’Ue provengono oltre i due terzi di questo sostegno, seguiti dai fondi nazionali (meno di un quinto) e da quelli regionali.
Focus dell’edizione di quest’anno è l’analisi di medio-lungo periodo delle condizioni agro-meteo-climatiche in Italia, che hanno ricadute evidenti su rese e qualità delle produzioni agricole. Tra i segnali più rilevanti: l’aumento delle temperature (dal 2011 le ondate di calore sono in aumento rispetto al passato, investendo ampie aree del territorio), gli accumuli di calore, necessari allo sviluppo delle colture, sempre più precoci e che espongono le piante al rischio di gelate tardive, lo stress da caldo degli animali da allevamento.
Dai dati emerge che l’agricoltura italiana, al di là della tradizionale funzione di produzione di cibo è sempre più fortemente orientata a dare risposte e contributi insostituibili per il soddisfacimento di alcuni bisogni fondamentali espressi dalla società civile.
Le dichiarazioni
“Il sistema agroalimentare nazionale continua a mostrare segnali positivi, testimoniati da una forte propensione all’export e dalla sostanziale revisione dei modelli strutturali produttivi in corso. E questo accade nonostante sia fortemente esposto a fattori esogeni che ne condizionano le performance: basti pensare agli eventi metereologici estremi o all’aumento dei prezzi degli input sui mercati per l’effetto del conflitto Russo Ucraino o ancora all’attuale clima di grande incertezza che si respira per l’instabilità politica internazionale – spiega Alessandra Pesce, direttrice del Crea Politiche e Bioeconomia – Il quadro che l’annuario ci restituisce pone l’accento sui temi della sostenibilità, ma anche della capacità del settore di trovare nuove strade di eccellenza per primeggiare sullo scenario internazionale. Non tutto il nostro Paese, tuttavia, viaggia alla stessa velocità e le differenze regionali mostrano le debolezze di alcuni sistemi produttivi su cui le politiche di sostegno dovrebbero focalizzare l’attenzione”.
Fonte: Crea