21 aprile 2017

Assemblea Fruitimprese: il made in Italy non basta più

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Bastavano 600 metri. Questa è la distanza che divide il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali dall' Hotel Ambasciatori, dove venerdì 20 aprile erano riuniti gli Stati Generali dell'ortofrutta, in occasione della 68° Assemblea di Fruitimprese. Insieme al presidente Marco Salvi e gli associati di Fruitimprese, tutta la sala si augurava che il Ministro Maurizio Martina potesse percorrere quei 600 metri e dare un segnale di vicinanza al mondo dell'ortofrutta. Invece, gli impegni legati alle imminenti primarie del Pd non gli hanno permesso di essere presente all'appuntamento e hanno privato di un qualsiasi interlocutore istituzionale un'assemblea che rappresenta un comparto che si conferma la prima voce dell’export agroalimentare italiano e che ogni anno segna nuovi record, contribuendo in maniera significativa al PIL nazionale e ai dati sull'occupazione, nonostante tutto.

Nonostante tutto perché anche se i dati di Fruitmprese sono così positivi e Andrea Goldstein di Nomisma parla di uscita dell'Italia dalla crisi, entrambi nelle loro relazioni fanno emergere elementi di criticità: nonostante gli effetti dell'embargo russo e della primavera araba, nonostante le nuove tendenze protezionistiche che aumenteranno i dazi doganali e favoriranno la stagnazione del commercio internazionale, nonostante la Brexit e nonostante la crescente sfiducia verso l'area EU (che comunque ha raggiunto l'anno scorso per la prima volta dopo tanto tempo un tasso di crescita superiore a quello degli Stati Uniti) e soprattutto nonostante l'Italia (e il made in Italy).

Risulta evidente che le nostre imprese pagano un problema di competitività. Non possiamo più cullarci sul valore del made in Italy e delle nostre eccellenze, spesso ci troviamo ad essere confrontati dai supermercati e dai clienti internazionali sul prezzo, al di là di una qualità e di un controllo del prodotto che ci riconoscono, quando si commercializzano commodities è difficile mantenere il valore aggiunto del made in Italy.

Dice Marco Salvi riferendosi in particolare al peso della pressione fiscale in Italia. Rincara la dose Massimiliano Gangianti, nuovo presidente di Confagricoltura:

Il made in Italy è il più grande problema che c'è in Italia, perché tende ad offuscare le vere problematiche del mercato. Se dovessero sparire i sistemi di etichettatura, quelli che mettono in evidenza la provenienza italiana dei nostri prodotti, saremmo spacciati perché non siamo competitivi e se abbiamo marginalità molto più basse dei nostri competitor spagnoli, figuriamoci di quelli del Nord Africa.

Nella sua relazione il presidente di Fruitimprese ha affrontato diverse questioni e tracciato le linee di azione dell'associazione per l'internazionalizzazione e l'aumento del peso diplomatico italiano, per la Politica agricola comunitaria e per il mondo del lavoro e la legge contro il caporalato; sviluppando questi temi legati al sistema Paese, l'ingombrante assenza delle istituzioni cresce. Il presidente di Fruitimprese chiude con un accorato appello alla platea composta dai principali esponenti dell’imprenditoria italiana di settore, delle associazioni di produttori e quelle di categoria tra cui Davide Vernocchi presidente di Apoconerpo, Antonio Schiavelli presidente di Unaproa, Gennaro Velardo di Italia Ortofrutta, Renzo Piraccini di Cesena Fiera, Bastoni di Ortofrutta Italia, il responsabile della Zespri Italia Craig Thompson, oltre a quelli coinvolti nella tavola rotonda, Pino Calcagni di Besana Group Spa, Massimiliano Gangianti presidente di Confagricoltura, Annibale Pancrazio della Pancrazio spa e Salvatore Parlato presidente di CREA, ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare e l'assessore all'agricoltura della regione Puglia Leonardo Di Gioia.

“Dobbiamo unire le forze, ne va della sopravvivenza del settore. Dobbiamo pretendere più attenzione, quella che il settore merita: l'ortofrutta non deve essere considerata figlia di un dio minore rispetto ad altri comparti. Ci associamo alla richiesta dell'Alleanza delle cooperative agroalimentari e delle Unioni nazionali: condividere un documento per avanzare la richiesta di un Piano nazionale strategico dell'ortofrutta. Pretendiamo un tavolo di confronto permanente con i ministeri competenti, l'Ice, le rappresentanze delle imprese. Dal punto di vista occupazionale possiamo dire tanto, ma tanto di più rispetto al vino. Questa è la strada da seguire, dobbiamo toglierci l'etichetta di quel settore che viene ricordato nei salotti di Bruno Vespa solo per il caro zucchine sotto le feste di Natale o per i problemi del caporalato”.

Un appello molto simile a quello dello scorso anno (qui l'articolo) e che nonostante i buoni risultati dell'export made in Italy, continua a manifestare una distanza tra l'ortofrutta e le istituzioni, una distanza di almeno 600 metri.

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