Maxi sequestro al porto di Bari. Lo scalo pugliese è stato teatro di un'importante operazione delle forze dell'ordine, nel mirino oltre 40 tonnellate di prodotti fitosanitari illegali. I funzionari dell'Ufficio delle Dogane, in collaborazione con la Guardia di Finanza del II Gruppo Bari, hanno intercettato container sospetti provenienti dalla Cina, transitati attraverso la Grecia. Le autorità hanno denunciato tre individui per falso in atto pubblico, frode in commercio e violazione delle normative europee vigenti.
I fatti
I container refrigerati provenivano dalla Cina e, una volta giunti nel territorio italiano, sono stati ispezionati nell’ambito della quotidiana congiunta analisi dei rischi sui flussi commerciali in entrata nel territorio nazionale.
Durante i controlli fisici, sono state rilevate diverse anomalie, tra cui incongruenze nelle date riportate sulle bollette doganali, irregolarità nelle modalità di trasporto e l'assenza di corretta etichettatura dei prodotti. In seguito, le analisi chimiche effettuate nel laboratorio dell'Agenzia delle Dogane di Bari hanno confermato che il prodotto sequestrato era cianammide, nota come Dormex, ossia un fitostimolante vietato in Europa dal 2008 e fino ad allora impiegato come fattore di crescita e attivatore per le piante da frutto, in particolare kiwi, drupacee e vite.
La sostanza è stata bandita già 15 anni fa perché classificata come tossica e potenzialmente dannosa per la salute umana e per l’ambiente, con possibili effetti di lunga durata. Ma. l’incremento esponenziale dei sequestri negli ultimi anni porta alla luce, o forse solo conferma, un mercato parallelo di fitostimolanti contraffatti e illegali nell’Unione europea.
Le ricadute
Il commercio e l’utilizzo di prodotti illegali, è chiaro, oltre che costituire un fattore di pericolo per la salute dei consumatori e per l'ambiente, produce una distorsione del mercato.
In altre parole, produce ricadute negative che riguardano diversi aspetti, a cominciare dagli effetti di una concorrenza sleale nell’economia reale a danno di quelle aziende che, operando nella legalità e nel rispetto degli standard imposti dalla normativa vigente, sono obbligate ad adottare fattori della produzione legali e, anche, maggiormente costosi.