L'Italia continua a volere un accordo con il Regno Unito sulla Brexit ma non a ogni costo, ritenendo prerequisito fondamentale il rispetto da parte di Londra del protocollo sull'Irlanda. Protocollo al momento violato (secondo l'Ue) dall'Internal market bill approvato dalla Gran Bretagna. Lo ha detto in Senato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in vista del prossimo Consiglio europeo che si terrà il 15 e 16 ottobre. Occasione durante la quale i capi di Stato e di Governo dell'Unione faranno il punto sul negoziato riguardante le future relazioni commerciali con il Regno Unito.
Il tempo che rimane è poco, va utilizzato da entrambe le parti con saggezza e lungimiranza politica. “A uno scenario senza accordo, a un No deal continueremo a preferire un accordo, ma non a ogni costo: equilibrato ed equo. Vogliamo un partenariato ambizioso con il Regno Unito, una relazione futura che rifletta sia la profondità dei rapporti sia l'equilibrio economico, sociale, politico attuale tra Regno Unito e la Ue. Con altrettanta chiarezza – ha aggiunto Conte – è opportuno che la Ue continui a sostenere il ripristino da parte di Londra di quella piena attuazione dell'accordo di recesso che riteniamo violata dall'Internal market bill oggetto di una procedura di infrazione da parte della Ue. Il rispetto del protocollo sull'Irlanda rappresenta infatti un obbligo legale internazionale fondamentale per proteggere la pace e la stabilità dell'isola di Irlanda, oltre che un prerequisito per il buon esito dei negoziati sul futuro partenariato”.
Giansanti: “Agricoltura a rischio senza accordo”
“La prospettiva in assoluto più negativa per il settore agricolo italiano ed europeo sarebbe quella di un mancato accordo con il Regno Unito, con il conseguente ripristino dei dazi doganali e dei controlli alle frontiere dal primo gennaio 2021“. Così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che continua: “Senza un accordo i mercati agricoli Ue sarebbero esposti a una grave condizione di instabilità, tenuto conto che oltre il 70% delle importazioni agroalimentari del Regno Unito arriva dagli Stati membri dell'Unione. I controlli penalizzerebbero, in particolare, i prodotti più deperibili. Il tempo è limitato, ma è ancora possibile raggiungere un'intesa fondata sull'assenza di contingenti e dazi doganali, in modo da consolidare gli attuali flussi commerciali bilaterali“.
“Sarà di fondamentale importanza l'equivalenza delle regole in materia di criteri di produzione, sicurezza alimentare, protezione delle risorse naturali e benessere degli animali, anche nell'ottica dell'applicazione del Protocollo sulla Repubblica d'Irlanda e l'Irlanda del Nord”, puntualizza il presidente di Confagricoltura. L'eventuale difformità, infatti, imporrebbe un rigoroso controllo sui prodotti in transito nell'Irlanda del Nord e destinati agli Stati membri, per non infrangere il corretto funzionamento del mercato unico europeo. “Per l'Italia è anche essenziale il riconoscimento e la tutela dei prodotti a indicazione geografica protetta, che incidono per oltre il 30% sulle nostre esportazioni agroalimentari destinate al mercato britannico – rileva Giansanti – Ci auguriamo che dal Consiglio europeo arrivi l'indicazione per una positiva conclusione delle trattative con il Regno Unito; tuttavia dobbiamo prepararci a tutti gli scenari. In caso di mancato accordo, dovrebbe partire dai capi di Stato e di Governo l'invito ai ministri dell'Agricoltura di attivare tutte le misure possibili, con finanziamenti adeguati, per reagire alla scontata instabilità dei mercati che andrebbe ad aggiungersi alle difficoltà determinate dalla pandemia”.
Coldiretti: a rischio 3,4 miliardi di esportazioni
“Bisogna tutelare i 3,4 miliardi di euro di export agroalimentare made in Italy in Gran Bretagna, paese che si classifica al quarto posto tra i partner commerciali dell'Italia per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti”. É quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in riferimento all'ipotesi di No deal sulla Brexit.
Per la Coldiretti occorre evitare l'arrivo di dazi e ostacoli amministrativi e doganali alle esportazioni made in Italy che nei primi sei mesi del 2020 sono aumentate di quasi il 4% per l'agroalimentare. A preoccupare è anche la tutela giuridica dei prodotti a indicazioni geografica e di qualità (Dop-Igp) che incidono per circa il 30% sul totale dell'export agroalimentare made in Italy e che, senza protezione europea, rischiavano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da Paesi extracomunitari.
Con l'uscita dall'Unione europea si teme, poi, che anche in Gran Bretagna si affermi una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane, quali l'etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti, che si sta già diffondendo in gran parte dei supermercati inglesi e che – precisa la Coldiretti – boccia ingiustamente quasi l'85% del made in Italy a denominazione di origine (Dop).
Roth: “Fase molto critica, il tempo sta finendo”
Intanto, il ministro tedesco per gli Affari europei, Michael Roth, a margine del Consiglio Affari generali a Lussemburgo ha detto: “Siamo in una fase molto critica nei negoziati tra l'Ue e il Regno Unito. Siamo estremamente sotto pressione, il tempo sta finendo. Per questo ci aspettiamo progressi sostanziali da parte dei nostri amici britannici in alcune aree chiave, come la governance, la concorrenza equa e la pesca”.
“Siamo ben preparati per entrambi gli scenari – conclude Roth – tutti dovrebbero sapere che uno scenario senza accordo è quello peggiore, non solo per l'Ue, ma anche per il Regno Unito. Ma siamo pronti anche per questo. Stiamo lavorando molto duramente su un buon accordo, sostenibile, che sia accettabile da entrambe le parti”.