17 gennaio 2013

Carciofi Villasor. Per ora solo Italia, ma sguardo all’export

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E' l'azienda che a livello di volumi e fatturato rappresenta la realtà più importante nel panorama sardo della produzione di carciofi, regione che vanta un’antica tradizione in questa coltura. «Vendiamo da Roma in su, rifornendo per il 70% mercati all’ingrosso e per il 30% la Gdo». Mario Desogus è il responsabile commerciale della Cooperativa Villasor, realtà nata nel 1961 con 700 ettari dedicati a questo ortaggio.

«In futuro vogliamo aumentare la quota di Gdo, anche se attualmente siamo soddisfatti delle nostre collaborazioni con realtà come Esselunga, Metro, Ortofin piuttosto che Conad». Il dettaglio tradizionale rimane, comunque, un canale importante e lo sarà anche in futuro: «Certamente, è un mercato importantissimo. Per esempio, per una primizia come il carciofo Terom (un clone del violetto toscano che Villasor ha lanciato per primo), con il quale si inizia ai primi di febbraio e con un costo all’ingrosso di un euro al pezzo, l’unico mercato possibile è quello del dettaglio, non certo quello della Gdo». Quale tipologia vi caratterizza? «Quella con le spine, la più caratteristica della Sardegna».

Export? «Ci stiamo provando, ma per ora no. Quest’anno parteciperemo per la seconda volta consecutiva a Fuit Logistica di Berlino proprio per questo motivo nello stand della Provincia di Cagliari». Quali sono le difficoltà che incontrate a vendere carciofi all’estero? «Non lo conoscono e ne consumano poco. L’Italia, d’altronde, non è solo il più importante produttore di carciofi al mondo, ma anche il principale consumatore, tanto che ne importiamo anche dalla Spagna, per esempio». Come si configura l’annata dei carciofi in corso? «Sostanzialmente negativa, a causa del troppo caldo registrato a novembre e dicembre e il mercato, di conseguenza, non ha risposto all’inizio».

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