25 ottobre 2023

Castagne: “Pronti a valutare la calamità naturale”

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Che in Campania, così come nel resto d’Italia, quella del 2023 fosse un’annata no, è ormai noto da tempo, specialmente tra gli addetti ai lavori. Tuttavia, le reali proporzioni del fenomeno stanno emergendo soltanto ora, quando la raccolta ha già superato il giro di boa. Tanto che si sta pensando ai primi provvedimenti da mettere in atto a campagna ultimata e, intanto, di dialogare con Grande distribuzione e consumatori.

A scendere in campo, nello specifico, è Davide Della Porta, presidente dell’Associazione castanicoltori campani, che rileva: “Nelle zone in cui pensavamo ci fosse un calo solo del 60%, in realtà stiamo arrivando all’80%. Allo stesso tempo, dove pensavamo che il raccolto fosse abbastanza normale,  la produzione si sta rivelando molto al di sotto delle attese”.

Le note positive

Due, sostanzialmente, sono le buone notizie in questo contesto poco confortante. “In primo luogo – rileva Della Porta – c’è l’aspetto delle pezzature. Essendo i volumi decisamente ridotti, i calibri sono elevati“.

Poi ci sono i prezzi: “Per lo stesso motivo, ovvero la penuria di offerta, le aziende stanno vendendo a 2,30/2,40 euro il chilo a massa e a 3,50 euro il chilo il prodotto calibrato. Facile quindi che i prezzi proposti al consumatore finale arrivino a circa due volte e mezzo questi. In un’annata normale, invece, si venderebbe a circa 1,30/1,50 euro il chilo a massa all’ingrosso.

I problemi

Le notizie positive si fermano qui. Perché, tornando alla campagna 2023, tanti sono i problemi. In pole position, al momento, c’è un’insidia che ha un nome ben preciso: marciume. E che ai produttori sta creando problemi con la Gdo, oltre che, a cascata, coi consumatori.

“Arrivati a questo punto è opportuno fare chiarezza – spiega Della Porta – anche per cercare di dialogare con i referenti della Gdo. Il fenomeno del marciume è dovuto a un fungo, presente a livelli bassissimi nella linfa della pianta del castagno. E’ insomma come se quest’albero fosse un portatore sano di questa patologia. Il problema si evidenzia quando, come accaduto negli ultimi anni, le piante sono sottoposte a forti stress biologici, dovuti al clima e al cinipide. In questo caso, infatti, le difese immunitarie si abbassano e il fungo della linfa si trasferisce anche ai frutti, che di conseguenza marciscono”.

Della Porta aggiunge: “Non è peraltro un problema solo italiano, ma di tutto il bacino del Mediterraneo. Dirò di più: in Grecia e in Spagna questa insidia è presente in maniera ancora più grave rispetto all’Italia, tanto che lo scorso anno la filiera castanicola greca ha ricevuto addirittura sussidi statali per 25 milioni di euro e, quest’anno, il prodotto spagnolo presenta danni da marciume con percentuali altissime, oltre il 40%. A conti fatti, quindi, sia la Gdo sia il consumatore devono essere consapevoli che una percentuale tra il 10 e il 15% del prodotto che vendono o che acquistano può essere interessato da questo fenomeno. Il cambiamento climatico, in altri termini, si sta facendo sentire in modo pesante, per cui non ha senso contestare partite con una percentuale di marciume superiore al 5%, come avviene oggi“.

Possibili soluzioni

Esistono soluzioni al problema del marciume? Della Porta precisa: “Una soluzione in teoria ci sarebbe già, ma significherebbe dovere trattare il prodotto con fitofarmaci sia prima dell’allegagione sia dopo di essa, con forti rischi di residui nel frutto e di conseguenti ripercussioni sulla salute del consumatore. E’ una strada, sinceramente, che non ci sentiamo di percorrere. Non c’è quindi al momento una modalità innocua, anche se si stanno facendo studi in questo senso. Un laboratorio del Salernitano, assieme a Cnr e Università di Salerno, ha individuato infatti un marcatore molecolare per il marciume e, con un sistema di lettura della buccia, si riesce a individuare se il fungo è presente o no all’interno del frutto, in maniera non invasiva. Ci vorrà però ancora tempo, almeno alcuni mesi, per industrializzare questo processo”.

Stato di calamità?

Al momento rimane ancora un’ipotesi, ma l’idea c’è. Conclude infatti Della Porta: “Valuteremo a fine campagna, ai primi giorni di novembre, a quanto ammonta realmente la percentuale di mancato raccolto. Sulla base di questi dati, come Associazione castanicoltori campani studieremo la possibilità di chiedere lo stato di calamità naturale assieme eventualmente ad altre regioni, come Calabria, Lazio, Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna“.

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