18 novembre 2021

Castagne: invertita la tendenza, ora è possibile crescere

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C’è stato un tempo, neanche troppo lontano (un secolo fa), in cui l’Italia era leader mondiale nella produzione di castagne. Oggi, il Belpaese occupa soltanto il quarto posto in questa speciale classifica (fonte: Fao), ma per fare una moderna castanicoltura ci sono comunque ottime prospettive. Questo, in estrema sintesi, è uno dei temi che sono emersi nel corso dell’incontro on line dedicato alla castagna all’interno della rassegna “I Mercoledì dell’Archiginnasio. L’Odissea del cibo dal campo alla tavola”, organizzata da Accademia nazionale di Agricoltura, delegazioni bolognesi dell'Accademia Italiana della Cucina e Società Medica Chirurgica di Bologna.

“Albero del pane”, il primo fu Senofonte

A fare il punto della situazione sulla castagna dalla preistoria ad oggi è stato Renzo Panzacchi, presidente del Consorzio Castanicoltori Appennino Bolognese, che nella sua dettagliata relazione ha anche sfatato un falso mito. L’espressione che vuole la castagna come “albero del pane”, tanto cara alle generazioni più attempate, non è stata coniata dalla tradizione popolare italiana, ma vanta l’imprimatur di un autore illustre: la definizione risale infatti a Senofonte, storico greco vissuto tra il V e il IV secolo a.C, che in questo modo ha voluto raccontare del frutto di un albero capace di risolvere in maniera efficace il problema del pane per le popolazioni greche che abitavano in difficili territori collinari o montagnosi, dove la coltivazione del frumento o di altri cereali era molto difficoltosa.

La castanicoltura nel mondo

Curiosità a parte, sempre Panzacchi nella sua relazione ha evidenziato che oggi a livello mondiale è la Cina a detenere il primato della produzione, con quasi 2 milioni di tonnellate l’anno, 4 volte tanto rispetto a quello che produceva nel 2000, grazie a un preciso progetto di sviluppo che ha realizzato 1,9 milioni di ettari di nuovi castagneti da frutto in vent’anni. Al secondo posto si colloca la Turchia, che produce 63.500 tonnellate annue e poi da Corea del Sud con 53mila tonnellate. Negli ultimi decenni quasi tutti i paesi europei hanno subito pesanti riduzioni della produzione, tranne il Portogallo che ha avviato, dal 2010, un piano per creare 10mila ettari di nuovi castagneti da frutto.

Anche in Italia, tuttavia, qualcosa sta cambiando per quanto riguarda la castanicoltura. “C’è una rinnovata attenzione agli aspetti produttivi – ha rilevato Panzacchi – anche se restano ancora nodi da sciogliere sul profilo normativo, in primis se la castanicoltura debba essere considerata un’attività forestale o agricola. Mancano infatti ancora decreti attuativi in merito”.

Castanea Sativa, la varietà più richiesta

Le opportunità commerciali, peraltro, non mancano. “I mercati europei – ha affermato ancora Panzacchi – chiedono prodotti “premium” di alta qualità, come quelli italiani”. Importante, infatti, è considerare anche in questo senso le differenze varietali. In Cina si produce infatti la Mollissima, poco pregiata seppure immune al cinipide, così come in Giappone e in Corea, dove domina la Crenata (resistente al male dell’inchiostro). Molto poco popolare è pure l’americana Dentata, mentre in Italia e in Europa domina l’apprezzatissima Sativa.

Fonte di potassio, fosforo e basso contenuto di sodio

Dal punto di vista strettamente nutrizionale, castagne e marroni non presentano aspetti che possano farli classificare come alimenti di altissimo valore ma possiedono, alcuni aspetti da sottolineare. Le castagne – ha detto il prof. Marco Malaguti, associato di Biochimica all'Università di Bologna – forniscono energia principalmente attraverso il loro contenuto di carboidrati, prevalentemente di tipo complesso, amido. Tale amido è a sua volta composto per i 2/3 da amilopectina, più ramificata e digeribile, e per 1/3 da amilosio, lineare e meno digeribile. La digeribilità dell’amido è fortemente influenzata dalla tecnica di cottura impiegata; castagne arrostite presentano una quota di amido resistente con proprietà probiotiche superiori alle stesse castagne preparate con modalità differenti. Il contenuto di lipidi è inferiore ai 2g/100g di peso fresco, il che rende castagne e marroni un alimento decisamente magro. Per quanto riguarda la composizione lipidica essa è prevalentemente rappresentata da acidi grassi polinsaturi e contiene anche una quota interessante di fitosteroli. La componente proteica è modesta (circa 3g/100g peso fresco), le proteine hanno un profilo amminoacidico completo, il che determina un indice chimico superiore a quello di molti altri alimenti vegetali. La composizione della parte edibile della castagna comprende poi un quantitativo molto significativo di fibra insolubile. Per quanto riguarda invece il contenuto in micronutrienti, spiccano il contenuto di potassio e fosforo, mentre l’alimento si caratterizza per un contenuto di sodio decisamente molto modesto”.

Per la nutraceutica sono ottimi anche gli scarti

“Oggi possiamo dire – ha proseguito Malaguti – che la vera ricchezza del castagno risiede nei prodotti di scarto della lavorazione: foglie, corteccia, cupole spinose, gusci e tegumento interno sono un concentrato di composti bioattivi. Ciò che un tempo era materia di scarto oggi si presenta quindi come la vera ricchezza di questa pianta. Gli studi più recenti in cui il nostro laboratorio è stato coinvolto, hanno avuto come oggetto di indagine proprio le caratteristiche nutraceutiche di estratti di corteccia, di foglie e cupole spinose che si sono dimostrati possedere spiccate proprietà antiossidanti e antinfiammatorie in modelli cellulari di cellule muscolari cardiache e microglia”.

Una regina della tavola

La castagna in tavola è stato il tema affrontato da Guido Mascioli dell'Accademia Italiana della Cucina .“La castagna – ha detto – ha nutrito generazioni, specie sulle nostre colline, tanto che il castagno è stato definito l’albero della vita. Di esso nulla veniva gettato: legna, frutti, foglie, tutto serviva, in casa, nell’industria e sulla tavola. Oggi l’umile castagna ha avuto il suo giusto riconoscimento quale frutto prelibato e base di dolci sopraffini, assurgendo tra i simboli principali dell’autunno in tavola”.

La “case history” del Castagneto sperimentale didattico di Granaglione

L'esperienza del Castagneto sperimentale didattico di Granaglione è stata al centro dell'intervento di Ercole Borasio, accademico ordinario dell'Accademia nazionale di Agricoltura. “Il progetto – ha spiegato Borasio – nasce nel 2003 per iniziativa della Fondazione Carisbo, che ne ha la proprietà, nell’ambito del “Progetto Appennino”, e prevede il recupero e la valorizzazione della castanicoltura locale. La superficie è di 10 ettari e al suo interno sono presenti un essiccatoio tradizionale (metato) per la produzione di farina di castagne, un’aula didattica e un mulino da castagne.

Dal 2018  la gestione tecnico-scientifica del castagneto è stata affidata all’Accademia nazionale di Agricoltura e i progetti di valorizzazione del parco avviati sono molti, dalla produzione castanicola da frutto, a quella da legno, fino all’innovativo progetto “Castagni parlanti” che studia, mediante apposizione di sofisticati sensori su 48 alberi, il sequestro di carbonio da parte dei castagni del parco. Oggi il castagneto è inserito all’interno della “Corona di Matilde”, in territorio Alto Reno Terme, primo Paesaggio Rurale di Interesse Storico dell’Appennino bolognese riconosciuto dal Mipaaf, e puntiamo ora al riconoscimento ministeriale della sua qualifica a “Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale”.

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