Nell’ambito del progetto denominato Avabicarel – Analisi e valorizzazione della biodiversità del castagno nella Regione Lariana – l’Istituto per la bio-economia del Cnr e l’Università degli studi dell’Insubria di Varese, in collaborazione con diverse Comunità montane, stanno studiando il patrimonio genetico di una decina di popolazioni di castagno lombarde, rilevanti sia per il loro pregio, sia per la loro diffusione. I lavori prevedono indagini genetiche effettuate dal Giorgio Binelli docente del Dipartimento di biotecnologie e scienze della vita di Uninsubria e analisi morfologiche portate avanti da Claudio Cantini, ricercatore del Cnr-Ibe.
Proprio durante i lavori in corso sui territori lombardi è arrivata la segnalazione da parte dei tecnici del Consorzio forestale di Prata Camportaccio della presenza, in Valchiavenna, di numerose piante di castagno in piena fioritura. Questo fenomeno rappresenta una importante e preoccupante anomalia in quanto la fioritura del castagno avviene nel mese di giugno, mentre a settembre i frutti già si preparano alla maturazione con varietà precoci che già aprono i ricci e fanno cadere le castagne a terra. L’analisi dei rami fa capire come questa fioritura settembrina stia avvenendo sulla vegetazione formata nella primavera del 2022, coinvolgendo quindi le gemme che dovevano essere dormienti e che sarebbero dovute fiorire durante il prossimo anno. I ritmi naturali delle piante risultano fortemente stravolti e la colpa può essere imputata alle anomalie stagionali. Fenomeni simili, infatti, sono già conosciuti su altre specie di interesse agrario ed erano stati notati anche sul castagno, in forma limitata, in varie zone del centro Italia.
“Gli anziani castanicoltori non ricordano un fenomeno simile – spiega Laura Donin del Consorzio forestale Prata Camportaccio – I dati rilevati dall’Osservatorio siccità dell’Istituto per la bioeconomia segnalano anche per le zone della Lombardia intorno al lago di Como un periodo di forte stress a carico della vegetazione, iniziato già ai primi di giugno e proseguito per tutto il periodo estivo. Claudio Cantini ricorda: “Il forte stress idrico unito alle alte temperature hanno fatto saltare i meccanismi fisiologici di regolazione dei cicli naturali delle piante ed appena sono variate le condizioni climatiche, con accorciamento del fotoperiodo, sopravvenienza di piogge e abbassamento delle temperature notturne, le piante hanno reagito come fanno di solito al termine del periodo invernale: le gemme sono andate in fioritura interrompendo la dormienza”.
Una fioritura dispendiosa
Il problema è che questa seconda fioritura non comporta una seconda produzione ma rappresenta un dispendioso e dannoso uso delle sostanze di riserva delle piante, una sorta di “sparo a vuoto”. Infatti, le gemme che sono andate a fiore adesso non fioriranno il prossimo anno, abbattendo quindi la produttività. Al momento la varietà Grussulée sembra quella più interessata dal fenomeno, che risulta assente sulle piante di marrone. Binelli segnala come “la risposta a questi stress ambientali non è omogenea e come sia quindi importante evidenziare le differenze genetiche presenti a livello varietale, in modo da individuare le piante capaci di meglio reagire a questi andamenti stagionali anomali”.
A tal proposito, saranno proprio le varietà che meglio si adattano a queste anomalie ad aiutare in futuro a garantire la sopravvivenza delle produzioni agricole e la redditività delle imprese, altrimenti messe in ginocchio dai mancati raccolti. Queste anomalie climatiche tendono a diventare sempre più frequenti, agendo su molti meccanismi fisiologici delle piante. “La fioritura fuori epoca è solo uno dei fenomeni negativi notati a carico dei vegetali”, ricorda Cantini. Gli andamenti termici di questi ultimi anni hanno infatti provocato alterazioni nel differenziamento a fiore delle gemme e nella successiva produzione di frutti, mentre altri danni sono stati causati dalla forte insolazione, dall’ozono e dalla aumentata evapotraspirazione.
La capacità di adattamento delle piante è duramente messa alla prova dalla velocità dei cambiamenti climatici; la biodiversità presente nelle specie agrarie e arboree potrà aiutarci ad individuare le piante più capaci di resistere o di reagire ma occorre al più presto accelerare ed approfondire gli studi che legano le nostre conoscenze fisiologiche, messe in forse dagli eventi, a quelle genetiche per individuare le piante del futuro. Quelle alle quali poter attingere per individuare e selezionare i geni di adattamento al mondo che cambia.
Fonte: Cnr