04 maggio 2022

Ciliegia: produzione mondiale in forte aumento

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Non solo lo stato attuale della cerasicoltura, ma anche – e soprattutto – le dinamiche future, sono state al centro dell’International Cherry Symposium 2022, che al Macfrut di Rimini ha vissuto oggi la sua prima giornata.

Introdotto da Luca Corelli Grappadelli di Unibo, il quale ha rimarcato come il ciliegio stia attraversando un periodo che in linea generale è molto positivo e ha portato i saluti del presidente di Macfrut, Renzo Piraccini, il congresso è iniziato con il benvenuto agli ospiti da parte dei docenti che hanno lavorato all’organizzazione dell’iniziativa, in particolare Stefano Lugli (Unimore), Brunella Morandi ((Unibo) e Davide Neri (Univpm).

Il messaggio che vogliamo trasmettere con questo convegno – ha detto Lugli – è che il ciliegio è un frutto internazionale, e le innovazioni sono importanti per dare ai produttori nuove opportunità e risposte. Non esiste tra l’altro un modello unico per fare cerasicoltura, ma essa si può sviluppare su areali diversi e con differenti tecniche”.

Massimo Tagliavini, presidente della Soi (Società di ortoflorofrutticoltura italiana), ha poi rilevato: “Quella del ciliegio è una coltura molto dinamica, dove ci sono state grandi innovazioni, anche se rimane ovviamente molto da fare. E’ anche una coltura per cui servono grandi investimenti ma anche dove il profitto resta su buoni livelli. Tutto ciò è frutto della ricerca, delle attività di sperimentazione e dell’assistenza tecnica ai produttori. Il solco quindi è tracciato, e dietro a questo solco occorrerà muoversi.

La situazione attuale e le previsioni future

Desmond O’Rourke, presidente di Belrose e specialista nell’analisi delle tendenze di mercato, è poi intervenuto con un contributo video per parlare di come sta evolvendo il sistema legato alla ciliegia, dal punto di vista produttivo e di mercato. “Dal 2000 al 2020 – ha detto – la cerasicoltura è cresciuta notevolmente a livello globale. Le superfici coltivate sono aumentate del 37% e la produzione è aumentata del 47%. Le rese, sono cresciute mediamente del 7%”. Analizzando le regioni più produttive, l’Europa fa la parte del leone con poco meno di 800mila tonnellate, ma è l’areale che ha registrato il minore sviluppo in termini quantitativi negli ultimi vent’anni. Diverso è invece il discorso della Turchi, passata da 400mila a quasi 700mila tonnellate in un ventennio, e della Cina, da meno di 200mila a oltre 400mila tonnellate. Pressochè invariati gli Stati Uniti (300mila tonnellate), da attenzionare il Cile la crescita del Cile, passato da 50mila a 250mila tonnellate”.

Rosee, per questa coltura, sono le prospettive per il futuro, sebbene molto concentrate in determinati areali. “Nel 2020 – ha ripreso O’Rourke – sono stati prodotti circa 3 milioni di tonnellate di ciliegie a livelo globale. Ci aspettiamo che nel 2030 questo quantitativo possa crescere del 40%, e nel 2040 di un ulteriore 26,7%, passando quindi a circa 5 milioni di tonnellate. Se le attuali tendenze venissero confermate, ci troveremmo con Cina, Turchia, Stati Uniti e Cile a rappresentare gli areali dove si concentrerà il 60 della produzione mondiale”.

In termini commerciali, sempre O’Rourke ha evidenziato che la Turchia ha quasi raddoppiato le proprie esportazioni, mentre in Cina l’import è passato in soli 3 anni da 0 a 200mila tonnellate. Pure Germania e Russia sono grandi importatori e, sul mercato degli acquirenti, si sta affacciando con buoni quantitativi la Corea del Sud. Tuttavia, il mercato potenziale rimane ancora enorme, con grandi realtà (India, in primis), dove il mercato della ciliegia è ancora sviluppato poco o nulla.

Quali impianti convengono?

Rino Ghelfi di Unibo, esperto di discipline economiche estimative, ha introdotto il tema della sostenibilità del ciliegeto, “dove nei costi di produzione – ha detto – la manodopera incide dal 45 al 60%”. E, quando i frutti sono danneggiati, queste percentuali aumentano in maniera esponenziale: con un 10% di danni la manodopera aumenta del 6-7%, con un 20% di danni un 35-40%, con un 30% di danni crescono al 50%.

Considerando poi varie tipologie di impianto a diversa densità, ovvero media (da 500 a 1.000 piante per ettaro), alta (da 1200 a 2.000) e altissima (fino a 5.000 ettaro), accomunate dalla medesima cultivar (Regina), Ghelfi ha rilevato che “tutti e tre gli impianti mostrano un indicatore di convenienza economica, anche se l’impianto ad alta densità sembra essere quello che dà risultati migliori rispetto agli altri”. Consigliatissima, per un ciliegeto, rimane inoltre la copertura (almeno da pioggia e grandine, ma anche per insetti), che incide dai 30 ai 40 centesimi per chilo di prodotto.

Altri studi

Josè Quero Garcia, genetista di Inrae (Bordeaux), ha poi approfondito alcuni aspetti degli studi che sono in corso per cercare di risolvere il problema del cracking, ma anche per controllare meglio i periodi di fioritura e il colore del frutto.

Gregory Lang, della Michigan State University, esperto di fisiologia vegetale, ha introdotto il tema dei sistemi di allevamento del ciliegio. La soluzione bidimensionale, in questo senso, rappresenta una delle più interessanti per il futuro, dal momento che aumenta sia la resa sia la qualità dei frutti, dal momento che i frutti sono maggiormente esposti alla luce. Ma non solo: anche la raccolta risulta essere molto più pratica e facilitata.

Matthew Whiting, eco fisiologista della Whashington State University ha concluso la prima mattinata del simposio parlando del futuro dei sistemi di potatura e di raccolta, che saranno sempre più precisi e sofisticati. Nel breve periodo l’obiettivo è quello di arrivare a una raccolta assistita, ma nel lungo periodo l’intenzione è quella di giungere, anche per il ciliegio, a una raccolta totalmente meccanizzata e a una potatura selettiva, in grado di riconoscere quali rami tagliare e quali no.

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