Alla terza edizione di Biosolutions international congress, andato in scena nell'ultima giornata di Macfrut 2021 (giovedì 9 settembre), si è a lungo dibattuto di cimice asiatica. Arrivando alla conclusione che, nonostante le difese e le ricerche in atto, il problema non può dirsi risolto.
2012-2021: che cosa è successo
Ha aperto i lavori Luca Casoli, direttore Consorzio Fitosanitario di Modena e Reggio-Emilia, ponendo l'accento su una problematica, quella della cimice asiatica in agricoltura, diventata “la più critica in assoluto in questi anni per il settore”. Il direttore ne ha ripercorso la storia: “Ci troviamo di fronte a una specie che ha avuto fluttuazioni nel corso delle varie stagioni. È arrivata nel 2012, dal 2014 ci sono state le prime avvisaglie e i primi danni, fino ad arrivare al 2019, l'anno più nero. E' stato infatti caratterizzato da una precoce uscita dallo svernamento con una elevata percentuale di sopravvivenza delle cimici associata a un clima favorevole. Il Comitato fitosanitario nazionale ha poi approvato un programma di lotta biologica coordinato dal Crea, autorizzato poi nel 2020, che ha consentito la creazione di un percorso di contenimento della specie a livello territoriale. Nel 2020 abbiamo predisposto 300 siti di allevamenti di cimici con due momenti di rilascio (giugno e luglio), nel 2021 si è ripetuta questa esperienza in maniera mirata in cento siti: i rilasci sono stati nelle zone delle colture frutticole, punti dove si moltiplicano più facilmente. Stiamo attualmente effettuando lo stesso rilievo a livello territoriale ma abbiamo già riscontrato una parassitizzazione generale superiore al 38% derivante dal complesso dei parassitoidi, e un 8,1% di ovature di vespa samurai. Un segnale importante dal punto di vista della coesistenza tra parassitoidi e la vespa samurai”.
Dramma pere
La parola è passata a Pietro Castaldini della direzione tecnica cooperativa Patfrut. “Il problema della cimice asiatica non è assolutamente superato, resta una grossa emergenza. Nel 2021 abbiamo visto danni molto precoci, con situazioni veramente drammatiche soprattutto nelle pere. Siamo partiti con le difese chimiche, ma effetti collaterali a parte, non sono comunque sufficienti. Con le reti monofila anti insetto i risultati sono leggermente superiori, da utilizzare però insieme alle sostanze chimiche nei momenti di massima migrazione del parassita. Ci siamo dati da fare con strategie alternative e abbiamo notato che con semplici trappole innestate con il feromone, con sotto un contenitore pieno di acqua saponata, le catture sono molto importanti, più alte rispetto a tutte le altre trappole. Ma non basta: la pericoltura oggi è in grande difficoltà”.
Le sperimentazioni in corso
Non sono mancati i contributi relativi alla ricerca. In particolare è stato Gabriele Rondoni, dell'Università di Perugia, a fare il punto sulle sperimentazioni in atto. “Abbiamo riscontrato che le piante rispondono all'ovideposizione di cimice asiatica mediante l'induzione di sinomoni. La fava manifesta una difesa diretta alla cimice asiatica, meccanismi simili li stiamo riscontrando anche sul pomodoro. Il potenziamento delle difese della pianta, può perciò rappresentare un'ulteriore strategia di controllo sostenibile. Infine, secondo le ricerche condotte, il perfezionamento di strumenti per il monitoraggio e cattura massale della cimice asiatica mediante la combinazione di stimoli olfattivi e visivi è cruciale per la messa a punto di sistemi a difesa sostenibili, in particolare quegli agroecosistemi ‘non comuni' per la cimice asiatica, come l'ulivo”.
Di risultati sul campo e di nuove soluzioni, invece, ha parlato Renzo Bucchi responsabile scientifico Agri 2000. “Stiamo lavorando a un progetto promosso all'interno del Psr 2014-2020 il cui scopo è quello di fornire prodotti e soluzioni tecniche. Per quanto riguarda i prodotti biologici, la Beauveria Bassiana ha portato in laboratorio alla mortalità di individui trattati, con valori che vanno dal 90 al 100 per cento. Molto interessante è stato anche l'impiego delle polveri che derivano dalle rocce, anche se è difficile reperire gli impolverizzatori. Oggi stiamo sperimentando l'utilizzo e messa a punto di una struttura, l'Augmentorium, che permette di attrarre e allevare le cimici al suo interno permettendo ai soli parassitoidi di entrare e uscire attraverso una rete con una maglia adeguata. L'Augmentorium potrebbe diventare uno strumento chiave capace di confinare la cimice asiatica e favorire la moltiplicazione e stabilizzazione dei suoi parassitoidi”.
Infine, a tirare le somme, ci ha pensato Pio Federico Roversi, direttore del Crea. “Per le ragioni già spiegate dai colleghi, le organizzazioni agricole stimano perdite per il sistema agroalimentare italiano dovute ad organismi alieni nocivi nel 2019 in circa un miliardo di euro, valore superiore a un quinto del totale delle esportazioni del made in Italy agricolo. Chiudo però ricordando che la lotta biologica deve rispettare delle regole. Giusto anche valutare l'impatto sull'ambiente dell'uso delle vespe samurai contro la cimice asiatica”.
Fonte: Macfrut