I produttori si lamentano spesso della contraffazione dei prodotti, fenomeno confermato dai sequestri della merce fake, ma esiste una soluzione che mitighi la concorrenza sleale. I tecnici del progetto della startup torinese Lai-Bds Sigillo Digitale sono convinti della tracciabilità integrale: partendo dall’analisi del Dna e passando all’introduzione dei dati relativi alle diverse fasi della produzione in blockchain.
Un metodo sposato dalla cooperativa agricola I Campi del Sole specializzata in arancia navelina, a cui si è applicata questa tecnologia, e pesche. Un'innovazione frutto del lavoro di ricerca della startup con Fm2, spin- off dell’Università La Bicocca di Milano, e Foodchain.
Trasparenza e tracciabilità che si legge nel QR
Il progetto è stato presentato alla fiera Marca di Bologna con le arance all'interno di un sacchetto di plastica riciclata e un cartoncino con il QR. Lo abbiamo scansionato per scoprire le informazioni che vengono fornite al cliente.
Si legge la varietà e le caratteristiche principali del frutto, l'azienda (compresa la visura catastale), i metodi e le tecniche di coltivazione, ma pure il post raccolta con la spiegazione delle diverse fasi - dall'accettazione e stoccaggio alla calibratura del frutto - fino all'indicazione del lotto con la scheda controllo partenza.
Una descrizione che va oltre la soddisfazione della curiosità e dell'esigenza informativa del cliente finale e diventa prezioso anche per gli addetti ai lavori della filiera.
La digitalizzazione sperimentata da un agricoltore ingegnere
Il progetto è stato sposato da Antonio Genovese, presidente della cooperativa agricola I Campi del Sole, costituita nel 2016 e con sede nella Piana di Sibari, in provincia di Cosenza. Un imprenditore agricolo ma pure ingegnere, come anche il figlio Nicola impegnato negli studi d’Ingegneria dell’automazione. Percorsi di specializzazione che sempre più si sposano con l'agricoltura per migliorare il prodotto ma anche la comunicazione in reparto grazie alle tecnologie digitali.
“Fin dal principio – sottolinea Antonio Genovese – abbiamo inteso distinguerci dagli altri puntando sulla qualità dei nostri prodotti. Abbiamo creduto fin dall’avvio nella tracciatura del prodotto e nell’uso della tecnologia applicata ai processi di produzione. L’aspetto informatico è sempre stato in primo piano, dalla campagna alla fase di confezionamento. Il mercato è in continua evoluzione e l’attenzione del consumatore è aumentata. E’ necessario produrre senza mai dimenticarlo”.
Un'azienda con buoni risultati
Una ricetta che funziona come confermano i dati aziendali: fatturato oltre 4 milioni, 35 addetti in stabilimento, 50 dipendenti stagionali che passano a 150 in campagna durante i periodi di raccolta. Esporta in Germania ma lavora prevalentemente in Italia, anche nella Gdo.
Per quanto riguarda i prodotti Genovese sottolinea: “Coltiviamo clementine e arance da ottobre a fine marzo; pesche e albicocche da maggio a fine settembre. Il nostro impegno è anche quello di aumentare questi periodi in funzione anche dei cambiamenti climatici che, nel bene e nel male, oggi influenzano il nostro lavoro”.
La tecnologia come difesa dalla concorrenza
L'imprenditore disegna il quadro della situazione: "Dobbiamo anche confrontarci con la concorrenza che in prevalenza è spagnola ma anche interna, in qualche circostanza con realtà che non rispettano la nostra linea d’impegno”.
Insomma si punta sul Dna, la digitalizzazione, la blockchain, l'informazione più dettagliata possibile per gli operatori del settore e per il cliente finale che in reparto con una semplice scansione può conoscere tutte le caratteristiche principali del frutto e dell'azienda. Una tracciabilità spinta che tutela la produzione dalla concorrenza sleale.