L’emergenza coronavirus non blocca la filiera del pomodoro da industria del Nord Italia che si è riorganizzata, seguendo principi di responsabilità e massima sicurezza, per mantenere gli impegni e garantire la disponibilità dei propri prodotti alimentari al consumatore.
Il 16 marzo, come da accordo quadro d’area nord Italia, sono stati depositati all’Organizzazione interprofessionale Oi pomodoro da industria del Nord Italia 130 contratti di fornitura di materia prima destinata alla lavorazione estiva in 25 stabilimenti di trasformazione del bacino del Nord. Sulla base dei contratti verranno ora impostati i trapianti da parte delle organizzazioni di produttori a cui fanno riferimento circa 2mila agricoltori del nord Italia.
“Il cronoprogramma è stato rispettato, – rassicura Tiberio Rabboni, presidente dell’Oi Pomodoro da industria del Nord Italia – nonostante i timori di possibili rallentamenti legati al diffondersi della pandemia del coronavirus. La filiera si è subito riorganizzata e, nel rispetto dei contenuti dei decreti governativi, è riuscita a completare le operazioni di consegna dei contratti in via telematica. Ora – aggiunge Rabboni – può avere inizio il periodo dei trapianti in campo. Anche la preparazione delle piantine si sta svolgendo in modo regolare: ci sono pertanto tutti i presupposti affinché la campagna del pomodoro possa svolgersi nelle sue consuete tempistiche e seguendo i programmi produttivi concordati. In quest’ottica sono molto rassicuranti le linee guida diffuse dalla Commissione europea per gli stati membri in merito alla gestione delle frontiere. L'obiettivo della commissione è proteggere la salute dei cittadini, ma anche garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali partendo dal presupposto che la libera circolazione delle merci è fondamentale per mantenere la disponibilità dei prodotti. Questo è determinante anche per la nostra filiera, da sempre vocata all’export dei derivati del pomodoro. Rassicurante è anche l’intervento dell’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) che ha dichiarato che non ci sono prove che il cibo sia una fonte di trasmissione di Covid-19, come per altro già indicato all’inizio di marzo dal ministero italiano della Salute”.