Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ha stimato gli effetti provocati dalla guerra in Ucraina sull’operatività delle aziende agricole italiane: tra carburanti, combustibili, fertilizzanti, sementi e piantine, prodotti fitosanitari l'incremento medio per azienda agricola è di quasi 16mila euro.
Gasolio e fertilizzanti alle stelle
“L'invasione russa dell'Ucraina ha sconvolto i mercati energetici ed agricoli – si legge nel report “Guerra in Ucraina: gli effetti sui costi e sui risultati economici delle aziende agricole italiane – La Russia produce il 23% del gas naturale mondiale e circa il 40% del gas naturale dell'Unione europea proviene dalla Russia. La Russia è anche un importante esportatore di petrolio. Le sanzioni hanno contribuito a far aumentare i prezzi del greggio (brent) di oltre il 60% dall'inizio dell'anno, sebbene non siano l'unico motivo per cui il prezzo del petrolio è alto. L'incremento dei prezzi dell’energia è il principale fattore scatenante l'inflazione dei prodotti alimentari. La catena di approvvigionamento alimentare, dalla produzione nell'azienda agricola al trasporto, alla trasformazione, allo stoccaggio e infine alla vendita al dettaglio, dipende fortemente dall'energia”.
“Questa guerra – continua il Crea – avrà molto probabilmente seri effetti a catena che saranno molto impattanti per gli agricoltori europei e, in particolare, italiani. Per questi ultimi l'impatto maggiore deriva dall'effetto sul mercato del gas naturale, la principale materia prima per la produzione di fertilizzanti azotati. I prezzi di questi fertilizzanti, già alti a fine 2021, potrebbero aumentare ulteriormente nei prossimi mesi rispetto agli ultimi listini disponibili che si riferiscono alla prima decade del mese di marzo 2022, arrivando ad aumenti dell’ordine del 200% su base annua”.
Costi maggiori al nord
“I maggiori incrementi dei costi correnti, in termini assoluti, rispetto alla situazione di base si evidenziano nelle regioni settentrionali, in particolare in Lombardia ed Emilia-Romagna. Variazioni più contenute si registrano invece nelle regioni del centro-sud. Le variazioni dei costi correnti espresse in termini percentuali, presentano valori elevanti anche nelle regioni meridionali, ben superiore al dato medio nazionale (+54%). I maggiori incrementi percentuali dei costi correnti, compresi tra il 65 e il 70%, si verificano nelle aziende specializzate in seminativi, cerealicoltura e ortofloricoltura per l’effetto congiunto dell’aumento dei costi energetici e dei fertilizzanti”.
“In definitiva, l’attuale crisi internazionale congiunturale può determinare in un’azienda agricola su dieci (il valore medio nazionale è pari all’11%) l’incapacità di far fronte alle spese dirette necessarie a realizzare un processo produttivo, estromettendole di fatto dal circuito produttivo”.
Fonte: Crea