03 agosto 2015

Dalle pesche ai kiwi. La crisi della peschicoltura in Romagna

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“Era da 70 anni che coltivavamo solo pesche, ora ho tagliato tutto e messo kiwi, ma tra un po’ arriveremo alla saturazione anche di quelle”. È la dichiarazione di uno degli imprenditori presenti all’incontro dedicato alla frutticoltura locale che si è tenuto giovedì 30 luglio a San Pietro in Vinicoli in provincia di Ravenna promosso dal Comitato Cittadino. Ne parlano molti quotidiani locali come Romagna Corriere o La Voce di Romagna: anche quest’anno, infatti, la peschicoltura è andata in crisi, nonostante la bella stagione, con prezzi pagati agli agricoltori che non coprono le spese di produzione. Problema, d’altronde, che continua a permanere oramai da anni, al netto di stagioni particolarmente negative come quella dell’anno scorso.

Nel ravennate, secondo Coldiretti, i pescheti si sono dimezzati (-46%), così come la coltivazione delle nettarine (-32%). Crescono invece albicocche (+58%) e kiwi (+34%). “Abbiamo deciso di abbattere tutti i nostri peschi e di passare alla coltivazione dei kiwi” dichiara uno storico coltivatore della zona secondo quanto riporta il Corriere Romagna nelle pagine di Ravenna Faenza-Lugo e Imola. Una soluzione che comunque viene considerata momentanea perché “se tutti noi operiamo questa scelta presto raggiungeremo la saturazione anche in questa coltura”.

Sempre sulle pagine del Corriere Romagna, questa volta di Forlì Cesena, si parla di “difendere le pesche dall’estinzione”. Anche in questo caso i numeri parlano di una riduzione drastica degli ettari dedicati alle pesche, pari al 50% dal 2000 a oggi. Venerdì 7 agosto Valerio Rocalbegni, sindaco di Modigliana e consigliere provinciale con delega all’agricoltura, ha proposto per tutti gli attori della filiera, dai produttori ai commercianti passando per i consumatori, un incontro nella sede provinciale di Forlì. Secondo Alberto Magni, responsabile al servizio agricoltura, tutte le parti in causa devono riuscire a trovare un accordo su tre punti: capire se c’è un abuso di posizione dominante, aiutare il settore, far capire che senza margine per chi coltiva mancano anche gli investimenti per il miglioramento dei metodi di coltivazione.

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