09 ottobre 2014

E-grocery. Aspettare Amazon o anticiparlo sul proprio terreno?

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Amazon, il colosso americano dell’e-commerce, ha investito 13,9 miliardi di dollari per implementare e rendere più efficienti i propri magazzini. Ha anche acquisito Kiva Systems (775 milioni di dollari cash), un produttore di robot specializzati nel trasporto merci mettendo a segno la seconda più grande operazione della sua storia dopo l’acquisto di Zappos.com nel 2009. Cosa deve fare il mondo del retail italiano, prima del suo sbarco anche in Italia nel mondo del grocery? «Non aspettare, ma anticiparlo sul proprio terreno». Ne è convinto Alberto Zunino, partner e managing director di The Boston Consulting Group, che durante il suo intervento dal titolo “La rivoluzione digitale – Una sfida per la distribuzione italiana” presentato durante l’ottava edizione del Consumer & Retail Summit, ha illustrato uno scenario che definire al galoppo non rende bene forse l’idea, vista la velocità in atto dei cambiamenti in questo settore nel mondo.

ll panorama distributivo è in rapida evoluzione anche nel grocery. Alcune delle barriere tradizionali all’e-commerce classico, infatti, sono oramai state superate, dimostrando come questa forma di vendita possa essere efficace anche quando la tipologia di prodotti è esperenziale, fresca, piuttosto che voluminosa o abituale. La penetrazione di alcune categorie merceologiche, infatti, sembrano confermarlo: scarpe 10%, ricambi auto 10%, fiori 15%, articoli sportivi 12%, prodotti per ufficio 16% o ancora pannolini al 13% (analisi di BCC su dati Forrester).

Le vendite retail on line in Italia sono ancora molto lontane rispetto a quelle di altri paesi e si attestano intorno al 2%, contro il 5% della Francia, il 7% della Germania, l’8% degli Usa e il 12% del Regno Unito. Nonostante questo, secondo Zunino, ci sono potenzialità evidenti: la percentuale di famiglie con connessione a internet presenti in Italia, sebbene anche in questo caso il nostro paese si posizioni in fondo alla lista, si attestano intorno al 69%. La percentuale di popolazione italiana con un abbonamento ad uno smartphone è invece del 36,4%, superiore a Francia (34,5%), Germania (30%), Usa (35,3%), e inferiore solo a quella del Regno Unito (45,5%). A questo si aggiunge come la crescita e gli investimenti del mercato retail in Italia tra il 2005 e il 2013 sia stato assorbito tutto dal digitale. Scendendo nel dettaglio delle categorie merceologiche e della loro penetrazione nelle vendite retail on line, ovviamente  si notano ad oggi differenze anche sostanziali: se alcune hanno già raggiunto tassi di penetrazione importanti (Musica, Computer, Video e DVD) con aumenti anche di 20 punti percentuali negli ultimi otto anni, altre, come cibi e bevande, hanno fatto segnare una lievissima crescita, ma sotto il punto percentuale.

Se appare appare difficile fare stime di crescita per il futuro, Zunino ipotizza un aumento generalizzato dell’e-commerce in Italia tra il 2% e l’8%. «Bisogna prepararsi per un mercato al 4%, sapendo che potrebbe essere il 2% o l’8%». Che fare quindi? Oltre a non aspettare che Amazon si prenda tutta la torta, bisogna rendere sostenibile il modello logistico – “adattare il modello di business alle caratteristiche del mercato e sfruttare la multicanalità” -, differenziare in maniera sostenibile – “focalizzare le risorse laddove di si può costruendo un vantaggio competitivo e facendo leva sulle partnership” -, e, infine, evolvere e adattarsi – “definire un piano di sviluppo digitale a 3-5 anni, imparando dall’esperienza”.

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