Nell’Unione europea il 9,6% della superficie agricola utilizzata è bio; la percentuale sale in Italia al 18,7% e in Toscana, vera e propria Regina del Bio, balza oltre la percentuale record del 35,8, la più alta fra le 5 regioni che in Italia hanno implementato nell’ultimo decennio le coltivazioni biologiche e che insieme (Emilia-Romagna, Toscana. Puglia, Calabria e Sicilia) totalizzano il 55% delle colture bio in Italia.
In un momento di altissima tensione nel mondo agricolo europeo e non solo italiano, impegnato a difendere la qualità delle produzioni locali, il dato emerso in occasione dell’inaugurazione dei nuovi uffici QCertificazioni (dal 2019 parte del gruppo Bureau Veritas) non casualmente aperti in Toscana, assume doppia rilevanza.
Nel 2012, la Sau, o Superficie agricola utilizzata in Italia per coltivazioni bio certificate, ammontava a quasi 91mila ettari. Oggi (dati 2022) si sfiorano i 230mila ettari. Dieci anni di notevole crescita che hanno condotto la Toscana a primeggiare per incidenza di superfici coltivate, sfiorando il 36% (l’Italia nel suo complesso registra – come detto – il 18,7%).
E nei 229mila ettari toscani coltivati bio, spicca anche la viticoltura con una produzione di 350.000 ettolitri, pari al 15% della produzione nazionale di vino biologico e il 32% delle superfici destinate alla vite, coltivate con metodo e certificazione biologica.
La Toscana, che occupa l’8% degli operatori impegnati in Italia nel bio, registra anche una spiccata sensibilità sul fronte del consumo con il 90% delle famiglie toscane (nove su dieci) che almeno una volta all’anno hanno consumato prodotti biologici.
La percentuale del 35,8 dei terreni agricoli dedicati al Bio consente di tagliare con diversi anni di anticipo il traguardo che la strategia dell’Unione Europea Farm to Fork si era posta ovvero quella di dedicare al Bio il 25% delle superfici agricole utilizzate entro il 2030.
In questo quadro, anche in ragione di una consapevolezza sempre più pressante espressa in queste settimane dal settore agricolo, la certificazione risulta fondamentale. E non solo per ottemperare a quanto prescritto per legge (dal Regolamento Ue 2018/848), ma specie per fornire garanzie di qualità del prodotto e rafforzare la consapevolezza del consumatore attraverso l’ottenimento di altre tipologie di certificazioni, in questo caso volontarie.
“In linea con la strategia del Green Deal Europeo e sostenuto dal favore dei consumatori, sempre più attenti alla sostenibilità dei prodotti, il settore bio – ha affermato Maria Grazia Mammuccini, presidente Federbio, presente all’inaugurazione della sede senese – attraversa una fase di sviluppo importante in termini di crescita della produzione e dell’export. Alcuni recenti studi dimostrano anche migliori performance delle aziende di produzione Bio in termini di redditività, a conferma del fatto che la sostenibilità ambientale e sociale si coniuga perfettamente con quella economica. In questo contesto, le certificazioni svolgono un ruolo fondamentale, offrendo al mercato le necessarie garanzie per consolidare una relazione di fiducia, indispensabile per la crescita”.
“La presenza di QCertificazioni nel Gruppo Bureau Veritas, che vanta 84.000 dipendenti nel mondo, di cui un migliaio in Italia, conferma – ha sottolineato Diego D’Amato, presidente e amministratore delegato di Bureau Veritas Italia – la strategia “glocal” del gruppo, attenta a valorizzare le realtà gioiello locali, inserendole in una prospettiva e in una dinamica globale”.
“Una strategia, questa, fondata sulla valorizzazione delle competenze delle persone – ha rimarcato Roberta Prati, certification & industry director, con una precedente, lunga esperienza alla guida del settore Food di Bureau Veritas – Grazie alle professionalità di Qcertificazioni, il gruppo rafforza la sua capacità di dialogo con le aziende del settore primario, strategiche per l’economia del Paese”.
Fonte: Bureau Veritas