30 luglio 2020

Ecodesign e packaging: progettare meglio per sprecare meno

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L’imballaggio sostenibile in ortofrutta non deve essere solo riciclabile, ma anche garantire  la sicurezza alimentare e una buona shelf life. Se si riduce infatti quest'ultimo parametro si crea spreco: si guadagna da un lato, si perde dall’altro. Stesso discorso per la sicurezza.
Questa è solo una delle problematiche affrontate nel webinar organizzato da myfruit.TV dal titolo: “Ecodesign/packaging del fresco tra sostenibilità e sicurezza del consumatore“. Un approfondimento sul tema per il quale hanno dato il loro contributo: Marinella Vitulli, Ceo del Food Contact Center; Luigi Garavaglia, R&D manager Ilpa Group; Luciano Villani, responsabile imballi Coop Italia.

L'ecodesign da incorporare nell'economia circolare. Vitulli: “Un futuro già iniziato”

Marinella Vitulli, Ceo Food Contact Center

Il punto di partenza è l’economia circolare che va oltre il riciclaggio del materiale degli imballaggi ma punta al riuso, dove possibile, e alla riduzione dell’impiego della materia prima attraverso lo strumento dell’ecodesign. C’è tanto lavoro da fare sul fronte tecnologico, ma pure legislativo, come ha sottolineato Marinella Vitulli: “Nel 2005 in Italia è stata concessa la deroga per poter utilizzare la plastica riciclata in ambito ortofrutta; poi è arrivato il r-PET snelle vaschette e nelle bottiglie, ma con il limite del 50% ora messo in discussione per poter arrivare al 100%. Come è possibile in altri Paesi”. Le norme sono fondamentali come la ricerca e la preparazione rigorosa dei tecnici, ma non siamo all’anno zero: “Io vedo un futuro già iniziato con l’importante corsa ad avere materiali che rispettino le regole dell’economia circolare e il rispetto dei concetti di conformità tecnologica”. Vitulli fa un esempio: ”Pensiamo alla capsula del caffè tutta in carta, ma con una shelf life molto ridotta. Questi sono aspetti che bisogna tenere in considerazione”.

L’ecodesign: progettare meglio per sprecare meno. Il caso Ilpa Group

Ilpa Group

Luigi Garavaglia, R&D manager Ilpa Group

Un esempio chiaro della complessità del processo di riduzione dell’impatto ambientale del packaging è stato offerto dal manager di Ilpa Group, Luigi Garavaglia con il processo di dematerializzazione: ”Si tratta della riduzione del peso ed è un processo complesso. Noi siamo arrivati in una prima fase alla riduzione fino al 2% nella vaschetta b19, poi però servivano le migliori geometrie per raggiungere l'obiettivo. Abbiamo proceduto con prototipizzazioni, con nuovi stampi e alla fine siamo arrivati a una riduzione del 10% che fa risparmiare tante tonnellate di prodotto”. L’ecodesign aiuta a individuare le forme che permettono il risparmio già in fase di ideazione. In questo modo si ribalta la logica del recupero a posteriori, ovvero si progetta per incorporare la funzione risparmio in fase di creazione o rivisitazione del prodotto. Nell’immaginario collettivo il riciclo è legato alla raccolta differenziata sia in strada sia nei siti di produzione. A Ilpa Group anche qui hanno pensato al prima e lavorato oltre che sui materiali post-consumo su quelli di lavorazione: lo sfrido e i ritagli ovvero l’insieme dei residui della produzione.

Garavaglia: “Aumentare le plastiche da riciclare”

La sfida è aumentare la tipologia dei materiali da riciclare: “Ci sono frazioni difficili da lavorare, la domanda è come valorizzare la filiera che non è bottiglia; pensiamo ai vassoi o alle bottiglie bianche del latte”. Insomma si parla di plastiche al plurale e ciascuna famiglia di polimeri ha le sue caratteristiche quindi differenti proprietà di riciclo. Peggio ancora quando il problema è legato alla normativa, lo ha sottolineato Garavaglia: “Servono i protocolli di riciclo per molti prodotti che oggi potrebbero essere riciclati ma in realtà non lo sono”.
Sul caso specifico dell’ortofrutta l’imballaggio deve diventare anche una fonte di informazione per il cliente, ad esempio il grado di maturazione: “In questa direzione stiamo lavorando in particolare sulla frutta tropicale con la digitalizzazione per un imballaggio intelligente che orienta la consumer experience del consumatore”. Un ecodesign da realtà aumentata che oltre all’individuazione della forma migliore per il recupero dell’imballaggio e la più lunga shelf life del prodotto progetti anche il flusso informativo più efficiente ed efficace per stimolare comportamenti corretti nel consumatore.

Alla Coop la sostenibilità non si ferma al certificato: i buyer valutano anche gli imballaggi

Coop Luciano Villani

Luciano Villani responsabile Coop

L’ecodesign è materia per specialisti, ma alla Coop pensano che deve diventare una delle competenze irrinunciabili dei buyer. Lo spiega bene il responsabile packaging, Luciano Villani: “Il packging fa parte del pacchetto che acquistiamo, i buyer prima erano specializzati nel pomodoro, nelle mele ma non nel loro contenitore”. Significa che non solo la frutta e la verdura sono sottoposte a verifiche di qualità, ma pure gli imballaggi. “Seguiamo il principio di precauzione e cerchiamo di evitare tutti quei prodotti che non danno sicurezza – sottolinea Villani -. Anche sulle certificazioni andiamo a confutare, non ci limitiamo a leggere il foglio di carta”.

Con i fornitori c’è un principio di collaborazione: “A chi usa la plastica chiediamo di usare la percentuale di riciclata permessa per legge. Noi preferiamo il mono materiale ma non sempre si hanno le stesse performance sul fronte del contenimento degli sprechi, bisogna garantire una buona shelf life”. Il concetto è chiaro: la sostenibilità non è solo eliminazione, sostituzione, riuso, riciclo della plastica in quanto tale perché questa ha delle proprietà che permettono una maggiore e migliore conservazione del prodotto. Permette, quindi, la tutela contro una precoce deperibilità e un conseguente minore spreco. “Siamo attenti alla sostenibilità dagli anni 70 e su diversi fronti: lavoriamo alla riduzione dell’impatto dei trasporti, poi tanta formazione ai dipendenti e fornitori, poi informazioni ai clienti e ricerca per ridurre gli sprechi. Infine sosteniamo leggi che portino a comportamenti positivi per l’ambiente”.

Uno dei problemi maggiori del fenomeno è coniugare sostenibilità economica ed ecologica. Ma il consumatore post Covid è disposto a pagare un prezzo per la sostenibilità? Difficile, seppure alla fine, come ha concluso Villani della Coop, “Il consumatore paga il contributo Conai e pagherà la plastic tax”.

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