E' da poco terminato l’evento digitale “Focus finocchio, il mercato in Italia: produzione e distribuzione a confronto” organizzato da Bayer, un momento di incontro tra produttori ed esponenti del retail, che hanno discusso lo stato attuale del mercato di questo ortaggio, confrontandosi con le criticità, le sfide e le opportunità.
“Con questo incontro vogliamo offrire a produttori, distributori e a tutti gli operatori della filiera del finocchio un momento di riflessione e di scambio sulle dinamiche strutturali del mercato di questa coltura, evidenziando quelle che sono le sfide più importanti dal punto di vista produttivo e le istanze provenienti dai consumatori attraverso la Gdo – ha sottolineando aprendo i lavori del focus Monica Merusi, responsabile marketing di Vegetables by Bayer – Seminis. Desideriamo facilitare un confronto costruttivo della filiera”.
Luci e ombre sul finocchio
“Il 30% degli italiani, circa 20 milioni, sono diventati o stanno per diventare flexitariani – ha esordito Salvo Garipoli, direttore di Sg Marketing – Stanno quindi sostituendo le proteine animali con i prodotti vegetali. Nonostante questo, diminuiscono i consumi di ortofrutta, circa il 2% di perdite di volume e pertanto il mercato rischia di ridursi. Quanto al finocchio, rappresenta, con andamento costante, il 5% degli acquisti di ortaggi, ma si registra una contrazione del 4% in volumi. Si tratta di un prodotto italiano per il mercato italiano. Solo l'11% viene esportato”.
Il punto di vista dei produttori
“L'Italia è il primo produttore mondiale di finocchio – ha ricordato Rosangela Appio, Op Primo Sole di Montescaglioso (Matera), presente sui banchi ortofrutta delle maggiori catene della Gdo con il marchio Dolce Lucano, il finocchio della Basilicata – Il consumatore ha fatto di questa referenza un prodotto cardine della propria dieta. L'ultima campagna è stata caratterizzata dal prezzo in aumento rispetto alle ultime due stagioni. Dobbiamo prendere atto del cambiamento climatico: diminuiscono le superfici, ma il consumatore chiede il prodotto. Le nuove varietà, però, consentono di incrementare la diffusione territoriale”.
“Una stagione ottima – ha dichiarato Vittorio Caligari dell’Ortofrutta Caligari e Babbi di Savignano sul Rubicone (Forlì-Cesena) che da anni con il marchio Finò punta su un prodotto di qualità esportato in tutta Europa – Quanto alle criticità, in primis il cambiamento climatico, credo che sia necessaria una maggiore coesione di tutta la filiera. Penso alle programmazioni, a mio avviso il punto di svolta”.
Il punto di vista dei distributori
Durante l’evento sono intervenute alcune insegne grazie alle quali sono emerse le principali strategie poste in essere sui banchi della Gdo: “Il finocchio è un prodotto il cui stato di salute è ottimo – ha specificato Giovanni Sansone, responsabile acquisti Gruppo Selex – Solo qualche anno fa non sarebbe stato immaginabile averlo a scaffale 12 mesi all'anno”
“Lo sfuso la fa ancora da padrone – ha sottolineato Vittorio De Santis, Magazzini Gabrielli – Ma il prodotto sta evolvendo, complice anche la pandemia. Non è più raro il prodotto confezionato. Per trovare un punto di incontro tra distribuzione e produzione, dobbiamo metterci seduti e confrontarci sulle criticità reciproche, lo scopo è trovare soluzioni condivise. Dobbiamo invogliare il consumatore ad acquistare finocchi tutto l'anno e possiamo farlo con la freschezza del prodotto”.
Uscire dall'anonimato
A completare il panorama dei produttori, l’esperienza del costituendo Consorzio di tutela dell’Igp Finocchio Isola di Capo Rizzuto, un importante progetto di promozione e valorizzazione del prodotto agricolo del territorio calabrese, che muove i primi passi proprio in questi mesi a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del 2 maggio scorso. L’area ricadente nel marchio comprende otto comuni: Isola di Capo Rizzuto, Crotone, Cutro, Strongoli, Rocca di Neto, Mesoraca, Belcastro e Botricello.
“Con il progetto Igp abbiamo abbinato due aspetti fondamentali – ha concluso Enzo Talotta, direttore del Consorzio – Oltre alla bontà del prodotto, abbiamo riabilitato la sua reputazione. Con l'indicazione di origine stiamo facendo uscire il prodotto, con le sue caratteristiche peculiari, dall'anonimato“.