Tra le tante varietà di fragole disponibili, quali sono quelle più adatte alla coltivazione biologica? E in particolare, quali quelle più adatte nell'area del medio-Adriatico in Italia? Uno studio cerca ora di dare una prima risposta: è quello nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali (D3A) dell'Università Politecnica delle Marche e l'Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche (ASSAM).
La sperimentazione è iniziata a fine 2014 e ha messo a confronto 16 varietà di fragola, di cui 13 unifere: “Alba”, “Aprica”, “Asia”, “Brilla”, “Clery”, “Cristina”, “Garda”, ”Joly”, “Madeleine”, “Premy”, “Romina”, “Sibilla”, “Siria” e 3 rifiorenti: “Albion”, “Malga” e “Monterey. Le varietà sono state coltivate in coltura di pieno campo e in coltura protetta alla raccolta con tunnel di tipo “Veronese”.
“I risultati hanno evidenziato una notevole differenza di adattabilità, produzione e qualità delle diverse varietà analizzate – si legge nella sintesi redatta da Franco Capocasa (D3A) e Andrea Albanesi (ASSAM) -. Le varietà unifere di maggiore interesse sono risultate “Romina”, “Sibilla” e “Cristina”, mentre tra le rifiorenti buoni risultati sono stati ottenuti dalla cultivar “Monterey”. La prova con copertura alla raccolta ha dato i migliori risultati, evidenziando come questa tecnica sia indispensabile per la riuscita della fragola in biologico”.