04 agosto 2022

Fragole: così Apofruit reagisce alla mancanza di manodopera

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Uno dei maggiori problemi degli ultimi anni, per i produttori di fragole, è quello della mancanza di manodopera. Apofruit, cooperativa leader nel settore ortofrutticolo con quasi 3.000 soci produttori in tutta Italia e con una capacità commerciale di 150mila quintali di fragole l’anno (produzione soci Apofruit più Coop Sole), reagisce puntando sull’innovazione in campo e affiancando sempre di più le piantine a cima radicata a quelle a radice nuda. I vantaggi sono diversi ed evidenti: la stagione di raccolta si anticipa di almeno due mesi e contestualmente si allunga. Inoltre il periodo più problematico (fine aprile e tutto il mese di maggio) è meglio gestibile a livello di risorse con il risultato che sia produttori che lavoratori ottengono benefici dal punto di vista della redditività e del numero di giornate lavorate.

A illustrare nel dettaglio l’iniziativa è il direttore di Apofruit, Ernesto Fornari, che spiega: “Con l’obiettivo di preservare la coltivazione delle fragole nel Metaponto, che si è ripresa negli ultimi dieci anni anche grazie alla nostra cooperativa, abbiamo intrapreso un’esperienza per molti versi pionieristica, ma che sta già dimostrando la sua validità in un periodo molto complesso come questo”.

Fornari aggiunge: “In questi giorni abbiamo chiuso le prenotazioni delle piantine di fragole per la campagna 2022/23 dei nostri soci della Basilicata. Visti i problemi degli ultimi anni, legati alla mancanza di manodopera, cui si aggiungono quelli più recenti dei rincari generalizzati sulle materie prime, ci aspettavamo una drastica riduzione, considerando che la fragola è una coltura annuale piuttosto costosa: i costi medi di produzione per ettaro si aggirano infatti sui 65-70mila euro, a fronte di un ricavo previsto dai 90 ai 100mila euro. Invece – prosegue Fornari – le prenotazioni hanno “tenuto”, mantenendosi solo poco al di sotto, circa il 10% in meno, rispetto alla norma. Andremo così verso la nuova stagione con la messa a dimora di 10,5 milioni di piantine.

Il direttore di Apofruit spiega la novità sottolineando: “Avendo individuato che il problema maggiore per la coltura della fragola è ormai da qualche anno la mancanza di manodopera specialmente nel mese più caldo di questa coltura, ovvero maggio, quando i passaggi in serra devono anche essere più frequenti (da ogni 5 giorni si abbassano a ogni 2 – 3 giorni) per la maturazione più rapida dei frutti, abbiamo proposto ai nostri soci di orientarsi maggiormente verso l’acquisto di cultivar a cima radicata, che vanno messe a dimora a partire da metà settembre e cominciano a produrre già in dicembre, continuando anche per tutto gennaio e febbraio. Si tratta in particolare di varietà già testate con successo nella scorsa campagna, e che per questa hanno raggiunto 1 milione di piante prenotate. E non ci fermiamo qui: per il 2023/24, abbiamo già previsto la fornitura di 2 milioni di piantine. Nello specifico, si tratta per il 70% della varietà Marimbella, sviluppata da Nova Siri Genetics, e per il 30% di Limvalnera, entrambe molto precoci, con frutti consistenti, dalla bella forma e dal colore rosso brillante. La cima radicata, appunto, ha il vantaggio di offrire al produttore una piantina con un apparato radicale già sviluppato in vivaio, che quindi attecchisce molto prima rispetto alla pianta a radice nuda e comincia a produrre con mesi d’anticipo. Ciò permette quindi di allungare la finestra produttiva, cominciando già a dicembre anziché a fine febbraio, e di arrivare al mese più caldo con la gestione delle sole piantine a radice nuda, perché quelle a cima radicata avranno già ultimato il loro ciclo. In questo modo, è dunque possibile ottimizzare l’impiego della manodopera a propria disposizione”.

C’è un altro importante aspetto che comprova l’importanza di un’integrazione tra piantine a cima radicata e a radice nuda. “Seppure non sia una pratica che raccomandiamo – conclude Fornari – c’è anche chi, visti gli alti costi di produzione, adotta negli ultimi anni la tecnica del ristoppio, ovvero non sostituisce pacciamatura e terreno sul quale aveva coltivato l’anno prima, ma dà solo una ripulita. Ebbene, le piantine a cima radicata, proprio per le loro caratteristiche e il loro maggiore vigore vegetativo, si adattano molto meglio a questa tecnica, garantendo una produzione decisamente maggiore rispetto ai risultati mediocri che si otterrebbero con piantine allevate in modo tradizionale”.

La carenza di manodopera interessa purtroppo tutte le produzioni e gli areali produttivi e la cooperativa sta mettendo in atto altre iniziative a 360 gradi in grado di diminuire l’impatto sui soci, come ad esempio convenzioni con società di intermediazione, innovazione varietale e di coltivazione, semplificazione e agevolazione raccolta.

Fonte: Apofruit

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