I consumi di frutta esotica in Italia sono cresciuti del 17% nella decade 2007 – 2016, passando da circa 700 a 840 mila tonnellate. Ad affermarlo è uno studio realizzato dal CSO Italy, tramite elaborazione di dati Eurostat, per il Tropical Fruit Congress.
Secondo lo scenario tracciato dal Centro Servizi Ortofrutticoli, le principali specie consumate sono le banane, con una percentuale che oscilla tra il 77% ed il 79% del totale. In Italia, nell’arco degli ultimi dieci anni, mediamente ne vengono consumate poco più di 600 mila tonnellate l’anno. A seguire si trova l’ananas, mediamente con il 17% del totale, anche se il consumo è sceso leggermente nell’ultimo biennio di rilevazione e si attesta attualmente al 15%, in media poco meno di 130 mila tonnellate all’anno.
Un discorso opposto riguarda l’avocado, i cui quantitativi sono ancora minimali rispetto a banane e ananas, ma la tendenza è quella di una netta crescita. Gli avocadi occupano l’1% del totale, ma nel 2016 salgono a quota 2%.
Tra le altre varietà di frutta esotica, che occupano complessivamente tra il 3% e il 4% del totale, ci sono principalmente platani (in crescita, passando da 3.000 tonnellate nel 2007 a 10.700 tonnellate nel 2016), guaiave, manghi, mangostani (da 4.500 tonnellate a quasi 9.000 tonnellate) e datteri (il cui consumo è più costante e si aggira mediamente attorno a 7.000 tonnellate l’anno). In flessione è il consumo delle noci di cocco, che passano dalle oltre 6.000 tonnellate del 2007 a poco più di 3.000 tonnellate del 2016, segnando un – 48%. Sostanzialmente costanti i tamarindi, attorno alle 2.000 tonnellate all’anno nella decade 2007 – 2016, mentre in crescita sono le papaie, cresciute in dieci anni da 2.000 a 2.800 tonnellate all’anno.