07 maggio 2019

Frutta secca, il futuro è sempre più nel “valore aggiunto”

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Grande successo ieri mattina per la prima edizione dell’International Nut Forum, il convegno internazionale sulla frutta secca organizzato da SG Marketing con il sostegno di alcuni grandi player del settore, quali Wonderful, California Almonds, Life, Mister Nut e Noberasco.

“Negli ultimi dieci anni – ha detto Claudio Scalise (a sinistra nella foto), managing partner di SG Marketing – il comparto della frutta secca ha registrato una forte crescita di consumi. Nell’ultimo anno abbiamo cominciato a notare un cambiamento, con il mercato che si sta spostando dal prodotto tal quale a quello a più alto valore aggiunto, segno che anche quello della frutta secca sta diventando un mercato maturo. Ora, è importante capire come continuare questa crescita e non disperdere valore. Del resto – ha proseguito Scalise – sta cambiando il nostro modo di alimentarci e siamo di fronte a una sorta di “rivoluzione vegetale”. Il consumatore cerca un prodotto gustoso, che dia piacere ma che produca anche benessere. Ora la frutta secca è a un bivio: occorre pensare alla categoria come a un ingrediente principale; da snack o arricchitore di ricette, deve diventare un alimento base per il consumatore contemporaneo”.

Alessandro Annibali, ambasciatore per l’Italia di INC (International Nut and Dried Fruit Council), ha poi tracciato l’attuale scenario che il comparto sta vivendo a livello mondiale.

“E’ sempre bene tenere presente – ha premesso Annibali (a destra nella foto) – la particolarità della frutta secca, che è nettamente diversa dalla stessa ortofrutta fresca. Il consumatore, infatti, spesso non sa che, ad esempio, per produrre noci occorre che un albero abbia almeno otto anni, o che per produrre pinoli bisogna aspettare trent’anni”. Detto questo, introducendo la situazione dei “Big Five” del comparto (mandorle, noci, anacardi, pistacchi e nocciole), a livello mondiale la produzione in una decina d’anni è cresciuta del 45% e oggi si attesta (le cifre seguenti si riferiscono al prodotto già sgusciato, esclusi i pistacchi) a 1.258.324 tonnellate di mandorle, 880.820 tonnellate di noci, 829.190 tonnellate di anacardi, 771.494 tonnellate di pistacchi, 458.875 tonnellate di nocciole. Seguono poi altre quattro varietà, alcune delle quali mostrano anch’esse crescite vertiginose nella ultima decade: le noci pecan si attestano a 140.202 tonnellate, le noci di macadamia a 59.307 tonnellate, le noci del Brasile a 34.000 tonnellate (queste ultime in 10 anni hanno registrato una crescita di produzione del 90%!) e i pinoli a 17.555 tonnellate.

Passando in rassegna alcune delle principali varietà di frutta secca, Annibali ha poi notato come per la nocciola la Turchia detenga una quota di produzione a livello mondiale pari al 63%, seguita dall’Italia al 13% e dall’Azerbaijan al 6%. Interessante il Progetto Nocciola Italia lanciato recentemente da Ferrero, che punta a incrementare la produzione di nocciole nella Penisola di altri 30.000 ettari.

Per le noci, invece, negli ultimi 3 anni la produzione è sostanzialmente stabile. La Cina, in questo caso, detiene il primato a livello quantitativo, ma non esporta perché assorbe tutto il mercato interno. A giocare la parte del leone per le esportazioni di noci è invece la California, da cui l’Europa attinge per l’80% del proprio fabbisogno. In fermento da dal punto di vista produttivo è pure il Cile.

L’Italia – ha poi rilevato Annibali – produce attualmente circa 15 – 18.000 tonnellate di noci e ne consuma circa 55.000 tonnellate. Tra circa sette anni aggiungeremo altre 15.000 tonnellate di produzione e arriveremo quindi a coprire circa il 50% del fabbisogno reale. Ci sono quindi ancora ampi margini di crescita sotto questo aspetto”.

Per quanto riguarda i consumi di frutta secca, essi sono un po’ lo specchio della produzione: avviene così per le mandorle, così come sta avvenendo per le noci Pecan. Le maggiori performance di consumi si registrano peraltro nei paesi con le economie a medio reddito, più che in quelle a reddito alto o basso.

Anche la frutta disidratata sta facendo segnare grandi performance. Ad esempio, i datteri negli ultimi dieci anni hanno avuto una produzione praticamente raddoppiata, per la domanda in costante aumento. La frutta disidratata, inoltre, è sempre più parte fondamentale in diverse ricette ed è anche un cibo consumato molto spesso dalla comunità islamica durante il Ramadan.

Infine, dopo avere nuovamente rimarcato la particolarità del prodotto frutta secca, che spesso per le sue quotazioni non risente solo delle condizioni climatiche e meteorologiche dei luoghi in cui si produce, ma anche della politica e delle decisioni che da essa vengono prese negli accordi tra stati (in primis i dazi), Annibali ha concluso il suo intervento delineando quelli che secondo lui sono i 3 “driver” sui quali il comparto della frutta secca può e deve crescere: il tema correlato alla “salute”, quello legato all’“ambiente” e quello dato dalla creazione di “nuovi ambiti e occasioni di consumo”.

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