Anche se si prospettano riaperture quasi normali per gelaterie e pasticcerie, sul fronte degli acquisti della materia prima (come ad esempio pasta di pistacchio, pasta di nocciole, ecc.) gli scambi vanno a rilento, per timore di nuove chiusure. A ricordarlo è Alessandro Caruso, titolare della omonima azienda di Spilimbergo (Pordenone) specializzata nella lavorazione e commercializzazione di prodotti a base frutta secca.
“Siamo in una situazione – spiega Caruso – in cui le vendite funzionano a singhiozzo e in cui cambiano anche le preferenze su certe varietà di frutta secca. Faccio un esempio: la scorsa settimana abbiamo lavorato come un solo giorno di una giornata normale. Ma è stato strano tutto il mese di aprile. Proprio aprile, infatti, è solitamente il periodo di picco delle paste pure per la gelateria, ma quest’anno non è stato così. Rispetto al 2019, quando in questo periodo iniziavamo a lavorare tutti i giorni alle 6 del mattino e finivamo verso le 22, compreso il sabato, noi abbiamo accusato circa un -40% a livello di vendite. L’auspicio che facciamo è che il picco degli ordini, ora, si sposti in questo anno particolare nel mese di maggio, sebbene abbia qualche dubbio”.
Effetto lockdown
“A causa della pandemia – prosegue Caruso – si è modificato anche il carrello della spesa del consumatore, che ad esempio rinuncia magari a comprarsi una vaschetta di gelato ogni settimana e ne acquista solo una ogni quindici giorni, perché non considera ovviamente il gelato un bene di prima necessità. Anche questa, è una tendenza che dobbiamo tenere presente e che abbiamo visto, di fatto, anche durante l’ultimo Natale e l’ultima Pasqua: nella grande distribuzione, è stato in linea generale più ridotto rispetto al normale l’assortimento di panettoni e di colombe. C’è insomma ancora una situazione di paura negli acquisti, sia tra i consumatori sia tra gli operatori del settore dolciario, dalle industrie agli artigiani. Gli operatori, infatti, non si fidano più della questione riaperture e tendono a fare acquisti di materie prime decisamente minori e più frammentati, per scongiurare il pericolo di giacenze nel caso di altri lockdown”.
Tendenze in atto
Caruso fa inoltre emergere un altro aspetto di questo periodo, parlando delle tre varietà di frutta in guscio che tratta maggiormente: pistacchi, nocciole e mandorle.
“Per il pistacchio – spiega – quest’anno sta andando maggiormente il mediterraneo (cioè quello turco e di altre provenienze), che rappresenta circa il 45% dei nostri ordini, poi il Sicilia (35%) e infine il Bronte Dop (20%). C’è insomma una maggiore tendenza, nel pistacchio, a chiedere spesso un prodotto che costa meno. Per le nocciole, invece, sta succedendo esattamente il contrario: quelle del Piemonte hanno sempre avuto prezzi abbastanza alti, oltre i 7 euro il chilo, mentre quelle provenienti dal Lazio e dalla Campania sono arrivate a costare, in anni normali, anche 3-4 euro in meno rispetto alle piemontesi. Ora, però, principalmente a causa di mancanza di prodotto, le nocciole campane e laziali sono arrivate a un costo di poco inferiore a quelle piemontesi. Così, succede che spesso, per una piccola differenza di prezzo, seppure superiore, una gelateria acquisti nocciole piemontesi. Infine – conclude Caruso – per la mandorla i prezzi sono bassi e ci potrebbero essere, da parte dei produttori, problema di gestione delle giacenze, in vista del nuovo raccolto”.