19 aprile 2024

Fruttagel e "l’insostenibilità degli sprechi"

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Organizzato da Fruttagel, si è tenuto oggi l’incontro “Riduzione dello spreco alimentare e sostenibilità dei modelli di consumo come leva strategica per le imprese”.

“Lavoro, rispetto, cooperazione: tre parole che contraddistinguono Fruttagel da sempre. Se il tema del cambiamento climatico è prioritario anche a livello aziendale per l’impatto che ha su alcune colture e per gli investimenti necessari a combatterlo, oggi vogliamo distinguerci per essere parte attiva nel problema dello spreco alimentare che non possiamo più permetterci. Perseguiamo la sostenibilità dei modelli di consumo e delle attività legate all’attività primaria e all’industria alimentare. Dobbiamo creare una relazione migliore coi consumatori, veicolando messaggi forti che passano anche per la lotta allo spreco metabolico”. Così Paolo Cristofori, direttore generale Fruttagel.

Andrea Segrè, ordinario di Economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, Fondatore Last Minute Market-impresa sociale, spin off accreditato Università di Bologna, Direttore scientifico Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, ha detto: “Quando parliamo di spreco alimentare parliamo di (in)sostenibilità. Un alimento sprecato diventa rifiuto. Negli ultimi 7 giorni, in Italia, in media ogni individuo ha sprecato 566,3 grammi di alimenti (l’anno scorso, a febbraio, erano 524,10). Sprechiamo maggiormente frutta fresca (25,4 grammi), pane fresco (20,1 grammi), cipolle, aglio, tuberi (20,1 grammi), insalate (18,5 grammi), verdure (18,2 grammi)”.

Lo spreco alimentare ha un impatto significativo a livello ambientale ed economico. In Italia, a livello ambientale lo spreco alimentare domestico ha un’impronta idrica di 151 miliardi di litri d’acqua e sfrutta 1.643 milioni di ettari. L’impatto economico dello spreco alimentare domestico ammonta a 7,4 miliardi di euro.

Nel 2023, dei 13,155 miliardi di valore dello spreco lungo tutta la filiera il 56,6% è stato di tipo domestico, il 30,4% ha riguardato la distribuzione organizzata, il 6,5% l’industria alimentare e sempre il 6,5% è avvenuta direttamente nei campi. Non sono riportati i dati del settore della ristorazione privata e collettiva: per esso le perdite potrebbero essere superiori a quelle del domestico. In termini di peso lo spreco totale è stato misurato in 4,207 milioni di tonnellate di cui il 41,4% di tipo domestico, il 26,9% di tipo agricolo, il 24,3% di tipo industriale e il 7,4 ha riguardato la grande distribuzione.

Lo spreco metabolico

“Le famiglie che sprecano di più vivono al Sud (591,6 grammi, +4% rispetto alla media nazionale), appartengono ad un ceto medio basso (+17% rispetto alla media nazionale), vivono nelle grandi città (+8%) e sono senza figli (+3%). Il trend preoccupante è quello dello spreco metabolico – ha osservato Segrè – Per i ceti medio bassi, la spesa alimentare minore può portare al problema della qualità alimentare e di conseguenza a problemi che sono socio-sanitari (es. obesità). Uno dei temi che va messo all’ordine del giorno dei governi è quello della prevenzione. Nelle scuole, già a partire dalle primarie, lo spreco va messo in rilievo perché è proprio la scuola uno dei luoghi dove si realizza di più”.

“Dal 2003 ad oggi, il ceto medio italiano è passato dal 70% al 35%. I ceti popolari, dal 2020, sono passati dal 17 al 22%. L’upper class, invece, è passata dal 4 all’8%. L’Italia è un paese di grandi fratture sociali, individuali, territoriali e tecnologiche. Oscilliamo tra dinamismo e immobilismo, radicalismo e difensivismo. Alle fratture si oppongono le ricomposizioni”, ha aggiunto Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos PA e docente di Audiences Studies, Università La Sapienza di Roma.

Si sente il bisogno di buona economia e buone imprese. L’83% sente il bisogno di più imprese mutualistiche che non siano solo alla ricerca di profitti ma che mettano al centro le persone e il loro benessere. Sempre l’83% sente il bisogno che le azioni di governo mettano al centro la riduzione del divario fra ricchi e poveri. “L’Italia è il primo tra i paesi europei ad avvertire i danni dovuti al cambiamento climatico: il 66% degli italiani lo sente come un problema a cui porre rimedio. Il 42% però ritiene che sia sbagliato che i prodotti green costino di più – ha continuato Risso – Oggi l’approccio giusto al consumatore non è di capirne i bisogni ma i desideri. Il consumatore quando compra vuole raccontare di sé. Stiamo andando verso la pluralizzazione della personalità. Le persone vogliono raccontare più identità quando acquistano perché hanno bisogno di trovare momenti di appagamento”.

Alla tavola rotonda moderata da Beatrice Ramazzotti, responsabile comunicazione Unicoop Tirreno, hanno partecipato Stanislao Fabbrino, presidente AD Fruttagel Scpa e AD Deco Industrie Soc Coop; Maura Latini, presidente Coop Italia; Mauro Lusetti, presidente di Conad; Simone Gamberini, presidente Legacoop; Simona Caselli, presidente della cooperativa Granlatte; Massimo Giusti, presidente di Sefea Impact SGR e del Forum per la Finanza Sostenibile.

La sintesi: per valutarne il vero impatto, gli investimenti delle imprese fatti in sostenibilità devono andare oltre la mera rendicontazione; informazione ed educazione sono parte del processo culturale che porta a diminuire lo spreco alimentare; packaging, ricerca e selezione delle materie prime dei prodotti a marchio, trasporti e logistica, allungamento della shelf life dei prodotti e scadenza comunicata sull’etichetta: sono campi dove tutta la filiera deve e può intervenire per la lotta allo spreco. Per finire, l’interlocuzione con le famiglie è fondamentale e al consumatore occorre comunicare informazioni che vadano oltre il prezzo del prodotto.

“Abbiamo bisogno di un modello di consumo rigenerativo, circolare, basato sul prezzo giusto e non su quello più basso – ha cocluso Fabbrino – Tra i vari attori della filiera il valore va redistribuito in modo equo. Le imprese devono trovare un nuovo equilibrio fra profitto e modo di farlo. Mondo cooperativo, della finanza sostenibile e della grande distribuzione devono lavorare insieme”.

Fonte: Fruttagel

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