Sarà una giornata di mobilitazione quella di sabato 7 novembre in tutta Italia per i dipendenti che operano nel commercio. #FuoriTutti è lo slogan, con tanto di hashtag lanciato sui social, dei sindacati di categoria – Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil – e riguarderà gli addetti delle aziende aderenti a Federdistribuzione, Confesercenti e Distribuzione Cooperativa.
Il nodo della protesta riguarda il mancato rinnovo dei contratti nazionali le cui trattative vanno avanti ormai da quasi due anni. E potrebbe essere solo il primo passo di una protesta se, dopo il 7 novembre, non dovessero arrivare segnali positivi secondo i sindacati “È già in programma un’altra giornata di sciopero unitario per il 19 dicembre” si legge, infatti, in un comunicato di Filcams Cgil. Sono previsti presidi un po’ in tutta Italia da Milano a Torino, così come a Palermo, Napoli, Roma: “gli addetti del settore si riuniranno davanti i centri commerciali più importanti e i punti vendita strategici delle città” comunca sempre Filcams Cgil.
Secondo i sindacati nella proposta di Federdistribuzione l’aumento della produttività passa per “il taglio delle retribuzioni, l’annullamento degli scatti di anzianità, la negazione del passaggio dal 5° al 4° livello, l’eliminazione di 32 ore di permesso retribuito, la sterilizzazione di 13esima e 14esima ai fini del calcolo del Tfr e il ritorno alle 40 ore di lavoro con una maggiore flessibilità gestita unilateralmente dalle aziende, alla decorrenza del contratto dal 2016 al 2018″.
Erronea, secondo Federdistribuzione, la posizione dei sindacati. L’organismo di coordinamento e di rappresentanza della distribuzione moderna, presieduto da Giovanni Cobolli Gigli, in un’altra nota “ribadisce di voler riconoscere aumenti contrattuali nel triennio 2016 – 2018 che garantiscano il potere d’acquisto dei lavoratori; quindi nessuna riduzione dei salari come erroneamente riferito dai sindacati e da alcuni organi di stampa”. Uno dei punti di scontro è poi, sempre secondo Federdistribuzione, l’applicazione del contratto stipulato con Confcommercio da parte dei sindacati, considerato inaccettabile perché “ha ingiustificatamente riconosciuto aumenti retributivi superiori all’inflazione”.