I partecipanti all'evento annuale Bella Vigna, che rappresentano le migliori forze in campo della filiera dell'uva pugliese, hanno descritto in un sondaggio il futuro della loro filiera. Ne è uscito un quadro ricco di elementi di innovazione.
Innanzitutto c'è la volontà di investire in prima persona nella ricerca, dando un impulso a progetti che per troppi anni sono stati marginali. Il 29% dei partecipanti investirà oltre il 5% del fatturato nei programmi di ricerca varietale recentemente nati in Italia: Nuvaut, ICV e Grape&Grape. Complessivamente, solo il 18% non ha previsto investimenti in questi programmi.
C'è anche fiducia nelle potenzialità delle uve senza semi sul mercato italiano: il 97% prevede tassi di crescita annuali superiori al 5% per i prossimi 3-5 anni e oltre un partecipante su 10 prevede una crescita ”esplosiva”, con consumi in aumento di oltre il 20% annuo.
Secondo Thomas Drahorad, relatore all'incontro Bella Vigna 2018, ”le opportunità saranno innescate dall'incontro tra una crescente predilezione del consumatore italiano per le uve senza semi, un assortimento varietale che offrirà varietà molto attraenti per il mercato italiano come la bianca tardiva Autumn Crisp e la necessità della GDO italiana di innovare una referenza che ha ultimamente ha dato segni di stanchezza”.
Mentre non stupisce che tra i primi criteri in base al quale si decidono le varietà da piantare i partecipanti abbiano citato la produttività per ettaro e le caratteristiche di conservabilità (sia in campagna che in frigorifero), è confortante che il 57% delle risposte abbia citato il gusto, elemento fondamentale per soddisfare i consumatori e differenziarsi dalla concorrenza.
Uno degli argomenti caldi della serata è stato il ruolo dei breeder internazionali, che sono spesso citati più per le contestate royalty che per le innovazioni sviluppate. Ma di fatto il sondaggio ha evidenziato che il 52% dei produttori si orienterà proprio sulle varietà proposte dai costitutori varietali internazionali, riconoscendone un ruolo fondamentale al di là delle polemiche sovraniste spesso alimentate da una politica provinciale.
I produttori intendono orientarsi verso le varietà precoci (36%) e tardive (61%), lasciando un ruolo più marginale alle medie, dove la concorrenza spagnola è più incisiva.
La categoria più interessata agli investimenti futuri riguarda le uve senza semi rosse che verranno piantate dal 71% dei produttori. Sei produttori su 10 pianteranno uve senza semi bianche, mentre il 21% si orienterà anche sulle nere, trend che riflette gli andamenti dei mercati più avanzati come il Regno Unito.
Complessivamente emerge un quadro dinamico in grado di costruire, tramite gli investimenti in ricerca, un futuro che sembra ben calibrato sulle esigenze dei consumatori europei e in grado di soddisfare finalmente le richieste del pubblico italiano nella categoria delle uve senza semi.
Per scaricare la presentazione di Thomas Drahorad al Premio Bella Vigna clicca qui