06 settembre 2019

Giuseppe Zuliani (Conad): «C’è spazio per il bio, ma bisogna semplificare il linguaggio»

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La crescita e l’interesse per il biologico sta rivoluzionando, ormai da anni, il carrello della spesa dei clienti, così come gli assortimenti di tutti i negozi della grande distribuzione, ma nonostante questo si può fare ancora di più. Ne è convinto Giuseppe Zuliani, responsabile customer marketing e comunicazione di Conad, nome di riferimento all’interno dello scacchiere della Gdo italiana e qualche tempo con gli occhi puntati da parte di tutto il settore, e non solo, da quando è in atto l’acquisizione degli ex punti vendita di Auchan.

Ma non è stato questo il tema affrontato da parte del manager di Conad nel suo intervento agli Stati generali del biologico che sono partiti giovedì 5 settembre a Bologna.

«L’opportunità del biologico è enorme, ma bisogna riuscire a calarlo nella realtà delle persone. Bisogna saper valorizzare la filiera di produzione insieme ai bisogni dei clienti».

In Conad, ha continuato Zuliani, il 17% dei clienti compra prodotti premium, il 14% a basso prezzo e il restante 69% prodotti che possiamo definire mainistream. Il bio si posiziona in mezzo a questo scenario, ma dove esattamente? Non facile rispondere e probabilmente sono i trend del momento a spiegare meglio cosa sta succedendo. «I trend di consumo più emergenti sono quelli legati alla salute, e il bio probabilmente lo mettiamo qui, agli alimenti veloci da consumare, quelli legati all’origine e alla tradizione e infine quelli che puntano sulla bontà e il piacere. Quanto siamo capaci di innestare e ibridare questi bisogni? Dobbiamo lavorare su questo concetto».

Insomma, bisogna essere in grado, secondo Zuliani, di creare valore intorno al biologico, questa la vera utopia, per uscire dalla morsa del prezzo, una leva che continua ad allontanare una grossa fetta di chi vorrebbe acquistare bio ma non lo fa, come ha sottolineato anche Nicola De Carne di Nielsen nel suo intervento. 

«Il biologico in Conad vale il 4%. Cresce, ma a tassi decrescenti. Qualche errore è stato fatto da noi e anche da chi produce: non riusciamo a trasmettere il valore corretto insito nei prodotti biologici». Valori che fanno rima, ad esempio, con la tutela dell’ambiente che questi prodotti si portano dietro, ma con ciò che di buono sono in grado di apportare, dal punto di vista economico, alle comunità nei quali sono inseriti dal punto di vista produttivo.

«Bisogna, probabilmente, fare qualche passo in più verso la semplificazione del linguaggio» conclude Zuliani. Va comunicato meglio il valore del bio, che trascende dal prezzo, e per farlo bisogna evidentemente trovare delle chiavi di ingresso migliori rispetto a quelle provate sino ad ora.    

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